La recensione del romanzo “Sopravvissuti” di Vincenza Alfano, a cura di Anna Copertino
Ho la fortuna che la mia vita, privata e lavorativa, incontra quotidianamente la lettura e i protagonisti di storie inventate, nate dalla fantasia e dal cuore di autori sconosciuti o amici. Storie che, potrebbero anche essere vere. Persone, uomini e donne che vivono insieme in quelle pagine che divengono vita, emozione, amore e dolore. Vite e sentimenti che possono diventare riscatto e talvolta andare oltre la morte. Eventi e momenti che mettono in discussione se stessi e la vita stessa. Dolore che getta sale su ferite mai rimarginate, che riemergono e che squarciano il cuore e la memoria, che vogliono, necessitano di rimettere in discussione non solo una vita ma molte altre. Dolore che ti pone di fronte le insicurezze, le paure e le fragilità umane, tue e degli altri. Giorni, date che possono unire nel dolore, come nell’amore… Dolore ancestrale che può essere individuale ma anche di condivisione.
Novanta pagine, queste di Sopravvissuti, racconto lungo della scrittrice Vincenza Alfano, edito da Alessandro Polidoro Editore, che sanno raccontarti amori e dolori. Toccando la vita, accadimenti e luoghi.
Una storia intimamente dolorosa, una storia di sopravvivenza. Un dolore che difficilmente si può descrivere. Silenzi che prendono corpo e le parole sono gocce di amore e dolore, domande che, forse, non troveranno le risposte. Il dolore della protagonista, una madre, Mara, per una figlia persa, Camilla. Ma anche il dolore di un figlio per un padre, come accade a Alfredo e Riccardo.
Il dolore di una moglie, Matilde, che preferisce mettersi a letto ammalata di “dolore e silenzio”, chiusa dietro quella porta che sancisce il limite tra la verità nascosta e quello che può essere meglio. Il dolore per una genitorialità mai realizzata, quella vissuta dagli amici Sergio e Fabiana. Il dolore straziante ma compìto di un figlio, Giorgio, che perde sua madre.
Sopravvivenze. Giorni, date che uniscono nel dolore, mentre le ore passano inesorabili portate dallo scandire delle lancette, entro il quale si può essere sopravvissuti di un tempo che vorremmo non ci appartenesse. Almeno non nel dolore, o forse si. Perché tutto potrebbe prendere una visione realistica della vita e del dolore che può contenere la quotidianità. Quanto tempo può durare un giorno, quanto tempo per lenire il dolore, quanto tempo per riprendere a vivere, orfani di un figlio, di una madre, dell’amore, quanto tempo può durare una notte?
Che come dice la protagonista Mara, voce narrante di Sopravvissuti :” La solida logica dei numeri, la sequenza calcolabile di ore e minuti, stare dentro a questo tempo esatto aiuta a sopravvivere. Forse per questo amava gli orologi di cui aveva una magnifica collezione: da polso, da taschino, persino una pendola sulla parete del salotto, inesorabile nello scandire coi suoi rintocchi la quotidianità, che altrimenti sarebbe trascorsa muta”.
Una Vincenza Alfano magistrale, grande cura dei protagonisti che in una coralità individuale, donano al lettore, se pur brevemente, una multiforme e articolata verità e messa a nudo dei sentimenti delle esistenze umane e dei percorsi di vita.