Ecco perché un nuovo Museo archeologico di Ercolano è inutile

Il museo archeologico di Ercolano a firma di Renzo Piano è inutile, in quanto ne esiste già uno da 47 anni, mai utilizzato e abbandonato.

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Museo archeologico di Ercolano

A chi sosteneva l’irrinunciabilità a un Museo archeologico degli Scavi di Ercolano, a firma del celebre architetto genovese Renzo Piano e a chi nel frattempo rinunciava, in favore di ragioni del tutto effimere, a criteri di buon senso e di gusto, offriamo un ulteriore punto di vista sullo scandalo di questo affare e l’ideologia con cui lo si è promosso: un museo archeologico degli Scavi a Ercolano già esiste, solo che non è mai stato aperto e sfruttato dalla collettività nello spazio di tempo di 47 anni.

Il museo archeologico di Ercolano già esiste, eppure già si celebra il nuovo progetto di Renzo Piano

Quest’ultimo è un capolavoro del tardo razionalismo napoletano, un edificio concepito per poter contenere ed esporre i reperti archeologici ritrovati all’interno degli Scavi archeologici di Ercolano. Questo museo mancato, più di quattro anni fa, fu già oggetto di un’ottima indagine giornalistica a cura di Diego Lama, il quale per il Corriere del Mezzogiorno realizzò una rubrica dedicata agli architetti napoletani scomparsi e dimenticati. L’articolo in questione si intitolava Ercolano, museo mai aperto da 40 anni. Negli Scavi vicino a Napoli esiste un Antiquarium mai usato. Il progettista Gorini: “una storia assurda”.

Sul suo Antiquarium, Giovanni Gorini, che insieme a Guido Barbati e Giulio De Luca progettò il museo nel lontano 1968, dichiarò a Diego Lama che era tutta una triste storia italiana. di risorse negate, di (mala) gestione del denaro pubblico (…). Dovrei dire abbastanza comune, se non fosse che questa coincide con un pezzo importante della mia storia professionale e, dunque, della mia vita, a cui tengo moltissimo“.

Il museo a firma di Renzo Piano non ha fini pubblici ma solo speculativi

Come la Soprintendenza Osanna, il Ministero Franceschini, Renzo Piano, sono intenzionati a fare con il Padiglione della barca, l’Antiquarium richiese la demolizione di fabbricati già esistenti con l’autorizzazione dell’allora Ministero dei Beni culturali . La progettazione dell’edificio fu fatta tra il 1968 e il 1971, dopo di che, con un finanziamento in lire pari a 6 milioni di euro provenienti dalla Cassa del Mezzogiorno, fu costruito in due anni. Nel 1974 fu collaudato e consegnato agli Scavi di Ercolano.

Dal 1971 il museo archeologico di Ercolano, l’Antiquarium, è abbandonato a sé stesso

Da allora non fu mai aperto e tuttavia nel 1974, disse Gorini,  gli furono commissionati gli arredi, la progettazione di un collegamento tra il museo e il mare e un molo. Nel 1979 la Sovrintendenza Maggi annunciava al giornale Roma che l’apertura sarebbe stata imminente, eppure oggi rimane ancora chiuso.

Negli anni ’90 l’Antiquarium, in seguito a una nuova ma effimera volontà di aprirlo, fu orrendemente mutilato e modificato senza il coinvolgimento dei progettisti originari. Il risultato fu mostruoso. Nel 2010 Gorini dichiarava:  “È emblematico che uno dei patrimoni culturali più importanti del mondo, il che vuol dire una delle maggiori risorse economiche della Regione, venga gestito con tale inefficienza (…). È emblematico che tanto denaro pubblico speso per progetto, realizzazione, modifiche, manutenzione, che tanto lavoro e tanta passione siano resi vani dalla irresponsabilità di pochi. Fra i principali attori di questa storia ci sono state le soprintendenze che, è il caso di dirlo, non riescono ad assolvere al proprio ruolo: valorizzare e difendere il patrimonio artistico storico e, mi sia consentito, anche quello contemporaneo“.

La beffa degli speculatori ai cittadini ercolanesi

Oggi, dopo tutto questo, David W. Packard, Dario Franceschini, Massimo Osanna diffondono la notizia secondo la quale non solo il Museo archeologico nazionale di Napoli verrà espropriato delle collezioni presenti nei suoi depositi, reperti ercolanesi che potrebbero essere esposti nei 140.000 metri quadri del vicino e restaurato Reale Albergo dei Poveri, ma ignorando ancora una volto l’Antiquarium degli architetti napoletani e innalzandolo a emblema dello spreco, propagandano sulla necessità di un “buco nel cemento” a firma dell’archistar genovese Renzo Piano. Ancora una volta gli amministratori disperdono ricchezza e colgono le opportunità non per la gente ma solo per se stessi. Non solo si lascia marcire Palazzo Fuga, ciò che potrebbe essere il Louvre italiano e napoletano, ma ci si fa beffa della intelligenza e generosità di benefattori esteri. Come andrà a finire?