Robinù… giovani e persi

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Stamani leggo di tanti indignati alla visione del film documentario Robinù di Michele Santoro. Scusate ma di che cosa vi indignate? Sappiamo bene che c’è chi lavora onestamente, chi pur guadagnando poco non commette illegalità e cerca di non far mancare nulla ai propri figli. Chi non ha bisogno di una pistola per sentirsi un Dio.

Ma Napoli é anche quella vista in tv. Mica é solo Posillipo, Via Petrarca, la pizza, il panorama, il babà ed il mandolino.

Una fotografia di giovanissimi criminali che abitano una Napoli che esiste e che non potrà mai cambiare. A Napoli come a Palermo, Milano, Roma, Bari e Salerno.

Come si può pensare di recuperare chi a soli 13 anni si “sente uomo” perché ha una pistola, o un “Kalashnikov” che spara 30 colpi senza dover ricaricare.

Chi parla dei giovani boss come icone da idolatrare ed emulare.

Come si può pensare di “cambiare” contaminando con legalità ed onestà chi vive già in una famiglia inquinata. In un contesto di degrado, dove si scende in piazza, con cellulari da 700 -900 euro perché c’è da filmare il cantante neomelodico che da il benvenuto al criminale di turno a cui hanno dato gli arresti domiciliari. Mentre si resta omertosamente dietro alle finestre, rigorosamene chiuse, quando a morire ammazzati sono le Vittime Innocenti. Ammazzati da quella criminalità con cui non c’entravano nulla.

Guardiamo con onestà ad alcune zone della nostra città. La realtà edulcorata non serve a nulla. Serve solo a fare di noi dei “non vedenti” e scusatemi anche dei conniventi.

Documentari come Robinù devono servire a capire che esistono zone grigie nella città che non potranmo mai essere “sbiancate”, ma che non è uno sputtanamento di tutta la città. Basta guardare a chi, nonostante sia nato e abbia vissuto in una famiglia criminale, ne sia uscito, si sia trasferito per non morire ucciso per una vendetta trasversale e piange al ricordo di quei fratelli che ha lasciato e che viceversa, lo preferirebbero morto ammazzato piuttosto che distaccato dalla mentalità criminale. Chi tra mille difficoltà resta pulito.

La giustificazione della mancanza del lavoro non regge più, ed anche se, personalmente, la ritengo una immensa illegalità provocata dallo Stato, non posso accettare chi preferisce il più facile guadagno uccidendo e spacciando piuttosto che accontentarsi di umili lavori con paghe misere.

Napoli è paradiso ed onestà ma è anche Inferno e barbarie.

Guardare con onestà anche a ciò che non ci piace, ciò che non vorremmo, ciò che in qualche modo ci etichetta e spesso ci ghettizza.

Ieri sera, ancora una volta, i miei pensieri e le mie emozioni erano rivolte a tutti i familiari delle Vittime Innocenti che come me stavano guardando quei filmati. Uomini e Donne, madri, padri, fratelli e sorelle, mogli e mariti, figli che si sono visti privare del bene più grande perché c’è chi abita una parte di Napoli che é marcia. Marci sono loro, che vivono una ricchezza effimera, rintanati, nascosti come dei topi destinati a morire ammazzati o a invecchiare in carcere.

Non c’è profumo, credetemi… non c’è profumo costoso che gli possa togliere di dosso il puzzo della morte.

di Anna Copertino