Il lavoro socialmente utile nasce con l’intento di tutelare il disoccupato sul piano economico e sociale, fornendo una prestazione lavorativa fuori mercato in attività utili alla collettività. Negli anni ’80 era previsto l’impiego temporaneo per i disoccupati residenti nelle aree meridionali e titolari di un trattamento di integrazione salariale, in opere e servizi di pubblica utilità. Successivamente, per i lavoratori che fruivano del trattamento di cassa integrazione straordinaria, l’impiego temporaneo fu esteso su tutto il territorio nazionale. Il D.L. 16 maggio 1994, n. 299, aveva allargato la possibilità di utilizzazione anche agli iscritti da più di due anni nella prima classe delle liste di collocamento.
I ” lavoratori socialmente utili ” vennero introdotti però a pieno regime all’inizio degli anni ’90, con il Protocollo sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo del 23 luglio 1993, al fine di utilizzare i lavoratori espulsi dalle medie e grandi imprese, ai quali veniva erogata la CIGS (Cassa integrazione guadagni straordinaria) dalle casse dello Stato. Si decise quindi, a fronte di quel costo sostenuto, di adibire tali lavoratori ad attività rivolte alla collettività (cosiddetti socialmente utili) presso i comuni di residenza, utilizzandone le professionalità e capacità lavorative.
Una completa ridefinizione dell’istituto si ha prima con il D.Lgs. 1° dicembre 1997, n. 468 che qualificava il lavoro socialmente utile come «strumento di politica attiva del lavoro, di qualificazione professionale e di creazione di nuovi posti di lavoro e di nuova imprenditorialità, anche sotto forma di lavoro autonomo o cooperativo» e poi con il D.Lgs. 28 febbraio 2000, n. 81 che aveva previsto la continuazione dell’esperienza di l.s.u. unicamente per i soggetti che nel periodo dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre 1999 avessero conseguito 12 mesi di attività e aveva ridimensionato la sfera di operatività.
Nei lavori socialmente utili possono essere impiegati lavoratori iscritti nelle liste di mobilità e percettori dell’indennità di mobilità o di altro trattamento speciale di disoccupazione; i lavoratori che godono del trattamento straordinario di integrazione salariale sospesi a zero ore. Gli Enti che possono promuovere i progetti di lavoro sono le amministrazioni pubbliche, e le attività nelle quali possono essere impiegati i lavoratori socialmente utili sono: realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva. Lavori di pubblica utilità nei settori della cura della persona, dell’ambiente, del territorio e della natura; dello sviluppo rurale, montano e dell’acquacoltura; del recupero e della riqualificazione degli spazi urbani e dei beni culturali.
Cura e assistenza all’infanzia, all’adolescenza, agli anziani; riabilitazione e recupero di tossicodipendenti, di portatori di handicap e di persone detenute, nonché interventi mirati nei confronti di soggetti in condizioni di particolare disagio e emarginazione sociale; raccolta differenziata, gestione di discariche e di impianti per il trattamento di rifiuti solidi urbani, miglioramento della rete idrica, incentivazione dell’agricoltura biologica, messa in sicurezza degli edifici a rischio, adeguamento e perfezionamento del sistema dei trasporti; interventi di recupero e valorizzazione del patrimonio culturale; iniziative dirette al miglioramento delle condizioni per lo sviluppo del turismo
I lavoratori sono impegnati per un orario settimanale di 20 ore e per non più di 8 ore giornaliere. Nel caso di impegno per un orario superiore verrà corrisposto un importo integrativo. Era doveroso fornire una descrizione dettagliata di ciò che dovrebbe effettivamente essere e fare un lavoratore socialmente utile, per rendersi conto di quanto inverosimile e fantascientifica possa essere la stessa, se rapportata ai lavoratori socialmente inutili della Campania.
Innanzitutto il requisito fondamentale è quello di essere un lavoratore, ovvero: ” persona che svolge un lavoro “. A tal proposito in molti devono avere una visione assai distorta della realtà. Se svegliarsi la mattina per andare a mettere una firma e andare a fare i fatti propri tutto il giorno, comodamente, per poi percepire a fine mese mille euro viene considerato un lavoro, qualcuno ha bisogno di un T.S.O., di una perizia psichiatrica d’urgenza.
Eppure, fatta eccezione per pochissimi spiriti eletti, sembra funzionare proprio così. Ma i conti non tornano. Il lavoratore socialmente utile non era una persona svantaggiata e disagiata da aiutare? A conti fatti gli svantaggiati sembrano essere i lavoratori “normali”, quelli che magari si alzano alle 5 di mattina per prendere anche meno di mille euro stando anche 12 ore fuori e soggetti perfino, come se non fosse abbastanza, alle intemperie. Molti di questi lavoratori hanno anche 60 anni.
Bisognerebbe smuoversi un po’ la coscienza, non accanirsi su chi parcheggia e non fa il grattino, ma su chi viene pagato per non fare nulla, per chi svolge l’unica funzione di parassita della società, senza dignità e volontà d’animo. Il lavoro socialmente utile nasce anche per tutelare socialmente il lavoratore, ma in questo modo di sociale non c’è assolutamente nulla, anzi. Con tutto quello che c’è da fare, è inammissibile che vi sia tanta omertà. Basterebbe così poco. Se ci si mettesse il 10% della frenesia impiegata nel multare anche chi respira più ossigeno del dovuto nell’effettuare più controlli, si starebbe a cavallo. Invece no.
Il lavoratore socialmente inutile continua a sbeffeggiarsi di chi lavora “davvero” e fatica ad arrivare a fine mese. Ma un germoglio di speranza e pensiero positivo nel cuore c’è ancora, tra i parassiti ci sarà qualche lavoratore socialmente inutile che vorrebbe diventare effettivamente utile, guadagnandosi quei soldi, se non altro, per poter dormire la notte serenamente. Perché non pensare a loro? Vogliono lavorare, e fateli lavorare! A chi di dovere, sarebbe opportuno suggerire di prendere provvedimenti, perché si è sempre più stanchi di fare la fila per vedersi sorpassare dal furbo di turno. Chi fa la fila come si deve non è meno furbo degli altri, ma solo più onesto, ed è ora che tutti lo capiscano.
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