Il 4 giugno 1994, a soli 41 anni, nella casa di sua sorella Annamaria, a Ostia, il giorno dopo aver finito le riprese de “Il Postino”, si spegneva Massimo Trosi, uno dei volti più noti della comicità partenopea e non solo. Attore, autore e regista: con il suo stile inconfondibile ha portato alla ribalta nazionale un modo diverso di essere napoletano. Lontano dal cliché e dai luoghi comuni e proprio per questo autentico. Un umorismo che traeva la sua forza dirompente dalla perfetta gestione dei tempi comici. Un marchio inconfondibile sulla comicità italiana, lasciando in eredità gag fulminanti, ma anche personaggi dalla grande profondità.
A lanciare l’attore di San Giorgio a Cremano, alle porte di Napoli, cinque fratelli, due genitori, due nonni e cinque nipoti in una casa di pochi metri quadrati, nato il 19 febbraio del 1953 da un macchinista ferroviere e da una casalinga, è il trio “La Smorfia” composto negli anni 70 con Lello Arena ed Enzo Decaro. Dopo buone affermazioni teatrali, il trio conobbe il suo massimo periodo di notorietà quando fu protagonista della trasmissione televisiva Non stop e della successiva La sberla. È il 1981 e Troisi è già un volto noto della televisione. Scrive, dirige e interpreta “Ricomincio da tre”, storia di un giovane napoletano alla scoperta del suo posto del mondo. Il film è un successo clamoroso. Incassa oltre 14 miliardi al botteghino e vale a Troisi diversi premi, tra cui due David di Donatello, tre Nastri d’Argento e due Globi d’oro.
Dopo due anni arriva “Scusate il ritardo” a testimonianza di come la fama che lo aveva paragonato a leggende della comicità napoletana come Totò ed Eduardo, attendesse con ansia la sua seconda opera. Film girato con Giuliana De Sio e Lello Arena. Dall’incontro con Roberto Benigni nasce il film culto “Non ci resta che piangere”. La pellicola racconta la storia di Mario e Saverio, due amici che, per uno strano scherzo del destino, si trovano catapultati indietro nel tempo nell’anno 1492. Dopo un piccolo ruolo nel film Hotel Colonial, girato in Colombia, Troisi torna al cinema nel 1987 con “Le vie del Signore sono finite”, da lui scritto, diretto e interpretato. A cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, collabora come attore a tre film diretti da Ettore Scola: “Splendor”, “Che ora è?” con Marcello Mastroianni e “Il viaggio di Capitan Fracassa”. Nel 1991 realizza quello che passerà alla storia come il suo ultimo film da regista. Si intitola “Pensavo fosse amore… invece era un calesse” con Francesca Neri. La colonna sonora del film venne scritta da Pino Daniele, che aveva già firmato le musiche di “Ricomincio da tre” e “Le vie del Signore sono finite”. Per l’occasione, il cantante compose il brano “Quando”, presto diventato un grande classico della musica napoletana.
L’ultima interpretazione è quella de “Il Postino” con Maria Grazia Cucinotta e Philippe Noiret nel ruolo del poeta Neruda, diretto dal britannico Michael Radford, cui affidò la regia che sapeva gli sarebbe costato troppo in termini fisici, tra le isole di Pantelleria, Salina e Procida. Probabilmente il film più intimo e meno comico della sua carriera. Una sorta di testamento artistico. Troisi si spense poche ore dopo l’ultimo ciak, ma già durante le riprese le sue condizioni erano critiche e lo costrinsero a farsi sostituire da una controfigura in alcune scene. Il film ha ottenuto 5 candidature agli Oscar del 1996, tra cui quella come Miglior attore protagonista, ma si è aggiudicato solo la statuetta per la Miglior colonna sonora drammatica. La scomparsa a soli 41 anni a causa di quel malore che si portava dietro fin dalla giovinezza con dolorose febbre reumatiche che produssero lo scompenso cardiaco alla valvola mitralica che gli sarebbe stato fatale.
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