”Io non credo nei mostri, però credo che gli uomini siano responsabili di azioni mostruose”. Una citazione dal trailer del film sul processo ad Eichmann “The Eichmann Show” nei prossimi giorni in visione presso alcuni cinema di Napoli in occasione della Giornata della Memoria. Una frase terribile per la sua chiara trasparenza e realtà. Una frase che ha un valore che esula il tempo della Shoah e continua a ripetersi nella realtà quotidiana di una verità che ci perseguita: gli esseri umani sono in grado di commettere crimini bestiali.
Oggi, alla luce di una storia che continua e si amplifica assumendo il nome di altri popoli, altre terre, altro dolore innocente versato insieme al sangue inerme, oggi possiamo aggiungere qualcosa di più alla precedente affermazione: la gravità dei crimini non è dovuta solo alle atrocità delle azioni ma alla loro facile riproducibilità. Una riproducibilità che è un fatto.
Ogni volta ci stupiamo dinanzi al male profondo, eppure, ogni volta lo rinnoviamo con la codardia di chi sa, ormai, non solo dell’esistenza del male in sé, ma di essere in grado di ripeterlo dimenticando un attimo dopo quello che ci si era ripromessi il momento prima. Diciamo che la Memoria serve per non dimenticare… A che serve non dimenticare se non per annientare la riproduzione del male stesso o dello stesso male? La Memoria ha senso per ricordarci di non dimenticare che siamo fallaci, facilmente plasmabili, deboli dinanzi all’egoismo e/o alla paura.
Ogni Memoria serve per aiutarci a non dimenticare che siamo capaci di distruggere per eccentrico egoismo quanto per ben ponderato senso del potere. Ogni Memoria serve affinché non dimentichiamo la nostra caducità e l’effimera semplicità con cui il male è ripetibile. Eppure…
Eppure, continuiamo a commemorare senza rendere giustizia, vanifichiamo il sacrificio imposto sulla vita di tanti, troppi, caduti nell’ingorgo della cecità di altri e dimentichiamo di onorare nel rispetto quotidiano quella notte che non calò solo sui corpi lacerati e le menti distrutte dei milioni di vittime, ma, soprattutto, nella vita futura di chi, come noi, non ha vissuto quel tempo ma ne porta il marchio dell’indifferenza.
L’indifferenza radicò nei cuori di molti e lì rimase con il suo seme drammatico che si è evoluto di generazione in generazione.
Non furono pochi, non sono mai stati pochi quelli che scelsero, hanno scelto e scelgono l’indifferenza. Sono qui, ad ogni angolo di strada e anche proprio tra quelli che hanno promesso “mai più” o che hanno vissuto nella propria memoria individuale la tragedia dell’uomo che perde se stesso e che è tradito, venduto, torturato… come gli schiavi e le non persone inventate in ogni tempo.
Inventate, sì, perché le non persone esistono solo nell’immaginario debito di chi proietta se stesso in una realtà di differenze senza armonia, di differenze senza verità… e sono in molti. Sfilate di immagini, in questi giorni, sfilate di obbrobri che saturano l’anima senza renderla libera. Macabre visioni senza pudore né rispetto per le vittime di allora come per quelle che ci sono più vicine nel tempo e nello spazio perché, sembra, la storia non ci ha insegnato poi molto se la banalità con cui si commette il male è ancora lì, più forte, con la sua perversione violenta di struggente criminalità.
Per questa ripetibilità, di cui ogni giorno vediamo i segni anche nella storia antica dei popoli africani che si affacciano sulle rive di quel Mare Nostrum (che gli occidentali ritengono solo nostrum annullando il significato originario riferito a tutti i popoli che si affacciano sul Mediterraneo), per le forme diverse che essa ha assunto e assume nel corso degli anni, la Giornata della Memoria non può più essere solo il pianto ebraico per un’innegabile orrore che ha modificato il corso della Storia.
Questa terribile riproducibilità non consente più che il pianto assuma una forma identitaria di una parte che escluda il resto.
La Giornata della Memoria è un ricordo e un presente che non è solo di uno ma di tutti. E’ facile cadere ciecamente in errori già commessi, non esiste un solo centro e nessun confine politico culturale o spirituale ha ragione di esistere. La rimozione e il conformismo che si coltivano nella Giornata della Memoria rischia di produrre nel subconscio collettivo un profondo antisemitismo che pur se non confessato o espresso esiste e crea nuove distanze. Questo fa paura, oltre ogni verità storica.
Il pianto che accomuna, invece, è una risorsa che avvicina, che non rende gli uni più sofferenti degli altri nelle stesse condizioni, che non assume una visione coloniale del dolore, ma che assume su di sé la responsabilità non solo di quello che è stato ma anche di quello che è e di quello che sarà.
di Loredana De Vita
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