27 gennaio 2017: Giornata della Memoria

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giornata della memoria

Quello che mi turba non è che solo in questa data si torni a parlare di Shoah e dei tanti martìri, ma quanta ignoranza circondi l’ignavia di chi finge di non accorgersi che la storia ha una sua riproducibilità incontrovertibile.

Quello che mi preoccupa non sono le accuse di falso e invenzione circa gli eventi della Shoah dei cosiddetti “negazionisti”, la storia parla da sé, le fonti pure e non sento il bisogno di controbattere quanto di vivere e testimoniare quella verità che è sotto gli occhi di tutti, anche se molti desiderano negarla.

Mi preoccupa, invece, la cecità di quanti “fingono” di non accorgersi che un forte antisemitismo sta diffondendosi in Europa, di quelli che vogliono impossessarsi di un evento della storia senza riconoscerne la riproducibilità in forme non dissimili.

Questo rende quella storia e ogni testimonianza, atroce.

Sì, “atroce”, perché serve ancora parlare se l’altro ha tutelato le proprie orecchie e celato il proprio cuore pur di non ascoltare?

Eppure, bisogna farlo, bisogna riconoscere i segni, bisogna imporre la volontà di lottare contro il male feroce che ancora rende invisibile la persona dinanzi all’interesse e al potere.

Ci sono file di migranti alle frontiere, ghettizzati e schiavizzati, violati nella dignità e nell’essere, che scorrono quasi invisibili sotto i nostri occhi.

Ci sono potenti insulsi che ergono muri e distanze, che opprimono la libertà e negano l’esistenza, ma camminano liberi tra noi mentre gestiscono l’amore umano come un “prodotto” di mercato.

Ecco, quell’unico disastroso e dilaniante evento, la Shoah, ha posto sotto lo sguardo di ciascuno e ovunque, la capacità umana di produrre l’impensabile male, quello più sottile, quello che fa credere di potersi sostituire a Dio, qualunque il suo nome, nel progetto di creazione e distruzione della vita stessa.

Ecco, quell’unico evento sconvolgente e orribile, ha messo il dito nella piaga bruciante della fragilità umana dinanzi al potere, la fragilità di chi lo subisce ma anche di chi lo gestisce incapace di essere Uomo.

Ecco, quell’unico evento, memoria e sepolcro della nostra umanità perduta, non è che il segno della nostra infinita caducità e della necessità assoluta di essere tutti parte e testimoni della storia perché, sebbene lo slogan con cui fasciamo le nostre ferite sia “affinché non accada mai più”, le cose accadono di nuovo, si ripetono perché noi lo consentiamo, perché fingiamo che ogni cosa sia nuova, mentre ogni dolore ha un cuore antico.

Simuliamo sorpresa, disgusto, tolleranza e sopportazione verso l’altro che non conosciamo, ma la storia è già nota, come pure l’incapacità di dare voce e libertà e testimonianza a chi non ha più né voce, né libertà, né testimonianza.

Non è lecito “usare e abusare” della storia per creare nuovi muri; non è lecito abbracciare solo la “cultura del sé” per definire i confini tra ciò che conta (noi) e ciò che semplicemente “c’è” (l’altro).
“Ciechi, sordi, muti, noi rifiutiamo di imparare e di cercare nel presente che è già anche futuro, le passioni positive che danno alla vita un <>. Non ascoltiamo quella loro voce, che è la nostra voce, che ci rende capaci di migliorare la qualità dell’esistenza per noi e per tutti. <> al senso dell’uomo, alla passione per l’altro, alla giustizia e alla verità, alla libertà personale, alla speranza, alla gioia, all’amore e al desiderio di pace. Altro non siamo che voce, testimoni della gioia e del dolore, complici della vita e della morte, ricercatori di speranza e di pace” (da L.De Vita, Altro non siamo che voce, Armando editore, 2011).

La Memoria è nuda, parla da sé. A noi non resta che porci delle domande e dare onestamente delle risposte.

Si potrebbe iniziare col dare un nome a tutti quanti sono stati derubati della vita, ingiustamente e senza senso, nei ghetti, per le strade, nei campi di sterminio…

Si dovrebbero fare i nomi di tutti quelli ingiustamente depredati dell’esistenza in ogni altrove da quel giorno rivelatore in poi… ma sarebbe un elenco infinito e, forse, mentre si scorre la litania di quell’elenco di morte, ci si accorgerebbe che già ci sono nuove vittime da aggiungere, anche quelle che forse ancora non sono nate ma per le quali stiamo già covando un destino di sconfitta.

Bisognerebbe poi aggiungere i nomi di quelli che hanno subito indirettamente, i figli degli scampati ai massacri… e forse anche i figli dei carnefici macchiati a vita dalle colpe dei padri. Non si può, non posso farlo, ma si deve restare osservatori attenti e resistere al male, perché è possibile “il male non è onnipotente” diceva Zygmunt Bauman.
Resistere è scegliere.

Altri i luoghi, i tempi, i volti, ma questa è una storia vera di cui, oggi, io sono voce.

di Loredana De Vita