Giovanni Falcone e i suoi tanti nemici

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giovanni falcone

Sono passati 25 anni dalla strage di Capaci, in cui persero la vita il magistrato antimafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Era il 23 maggio 1992. L’attentato fu organizzato da Cosa Nostra, ma questa storia la conosciamo tutti, d’altronde siamo ancora qui a raccontarla, come se fosse accaduta ieri. Ma non sono qui per dire che non bisogna ricordare, anzi il contrario. Sono qui per ricordarvi che non bisogna dimenticare, chi questo paese l’ha rovinato e continua a rovinarlo. E non mi riferisco ai soli mafiosi, criminali, camorristi o chiamateli come volete voi, ma anche a tutti i corrotti, che alla luce del sole sono perfetti cittadini, travestiti da Stato, ma poi nell’oscurità stringono patti con criminali.

E oggi come venticinque anni fa i sonori nemici si nascondono dappertutto. E venticinque anni fa i nemici di Giovanni Falcone non erano solo i mafiosi nascosti fra le campagne della Sicilia, ma erano appunto anche personaggi in giacca e cravatta. Lo stesso giudice il 12 gennaio 1992, intervistato da Corrado Augias nella trasmissione Babele, rispondendo ad una domanda di una ragazza fra il pubblico, che chiedeva “la mafia rassomiglia a chi?”, rispose: “Assomigliano ai parlamentari, ai siciliani… all’uomo in genere, Intende dire che non sono poi tanto diversi dai comuni mortali. Non sono marziani, ecco”. (minuto 3:30 del video sotto)

Corrado Augias intervista Giovanni Falcone

Se avete continuato ad ascoltare l’intervista (sopra) avrete certamente ascoltato al minuto 5:15 un’altra domanda, di una ragazza del pubblico, passata alla storia: “In Sicilia si muore perché soli, giacché lei fortunatamente è ancora tra noi: chi la protegge?”. Una domanda ingenua, come anche la prima che vi abbiamo riportato sopra, ma che spiegano nel migliore dei modi qual era l’atteggiamo del pubblico, dei media e degli stessi colleghi nei confronti di Giovanni Falcone. I nemici del giudice non erano solo i mafiosi, lo ripeteremo all’infinito, ma anche tutta una fetta di persone in giacca e cravatta. In molti hanno cercato di rendere difficile la vita al magistrato palermitano, quando questi era in vita; da morto, invece, la maggior parte non ha potuto fare altro che riconoscere il lavoro svolto dal giudice che si permise addirittura di scrivere un libro per raccontare la verità. Altri invece, a tutt’oggi, continuano a criticare il lavoro di Falcone.

Ma ritorniamo a quell’ingenua domanda, che terminava con un “chi la protegge”. La risposta, al minuto 5:25, fu: “Questo significa che per essere credibile bisogna essere ammazzati in questo paese”. Poi continua con un’altrettanta triste verità di qui tempi, non troppo diversi da oggi: “Questo è un paese dove se ti mettono una bomba sotto casa, e la bomba non esplode, la colpa è tua che non l’hai fatta esplodere”.

Termino ricordando lo storico intervento di Totò Caffaro durante la staffetta Samarcanda – Maurizio Costanzo Show con Michele Santoro del 1991: “Siccome ho ascoltato per tre ore tutte le buffonate che avete costruito, chiedo due minuti, in silenzio. Credo che abbia il diritto di farlo. C’è in atto una volgare aggressione alla classe dirigente migliore che abbia la Democrazia Cristiana in Sicilia. L’avete costruita sapientemente, perché avete bisogno di delegittimare le persone migliori che abbiamo, perché questa Sicilia vada sempre più in fondo. Avete costruito e avete infangato la memoria di Libero Grassi (imprenditore attivo nella lotta contro le tangenti alle cosche e il racket – ndr) , perché il giornalismo mafioso fatto stasera fa più male di dieci anni di delitti…”. Lo sfogo continua e lo potrete risentire nel video sotto.

Giovanni Falcone da Santoro e Costanzo

Totò Cuffaro all’epoca era deputato regionale e futuro governatore della Sicilia dal 17 luglio 2001 al 18 gennaio 2008, e poi condannato a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e rivelazione di segreto istruttorio. Recluso nel carcere romano di Rebibbia dal 20 gennaio 2011, ritorna in libertà il 13 dicembre 2015.

I nemici di Giovanni Falcone, di noi cittadini onesti, purtroppo, non sono dunque solo i criminali con coppola in testa e fucile sulla spalla, ma si mimetizzano fra di noi come comuni mortali. La strage di Capaci ci deve ricordare anche questo, che a sporcarsi le mani nel letame, facendolo ben volentieri, sono anche le persone che noi crediamo essere oneste.

di Francesco Healy