Comincia oggi una nuova rubrica della nostra redazione. Un Diario Videografico che vi accompagnerà con le sue narrazioni a passo d’uomo.
«Festina lente!» era secondo Svetonio una delle massime preferite dell’imperatore romano Augusto. Procedere ma con cautela è più di un semplice consiglio estemporaneo, direi più un’indicazione verso un diverso modus vivendi.
Camminare concedendosi il tempo di osservare, ascoltare e documentare nell’era del consumo repentino e meccanico è forse un’impresa a dir poco difficile.
Un compito che va contro ogni principio di comunicazione virale e immediata.
Avanzare a passo d’uomo lasciandosi trasportare dagli eventi e immergendosi negli incontri è quanto prefissato per la realizzazione di questo diario videografico.
Ma è soprattutto la voglia di raccontare storie, che non verranno mai contemplate nei libri di scuola e che rientrano in una prospettiva microscopica del mondo, che mi preme.
Storie destinate ad essere chiuse nel cassetto, a cadere nel dimenticatoio forse, ma non per questo meno significative e utili per certe riflessioni sul nostro tempo.
Insomma nel sussidiario di quinta elementare continueremo a leggere di Garibaldi ma di certo non comparirà mai la storia del signor Ciro, l’orologiaio di Via San Giovanni Maggiore a Pignatelli, l’uomo dalle passioni d’altri tempi.
L’idea nasce dall’incontro con un’immagine: l’immagine di un secchio vuoto.
Il contenitore, che in questa raffigurazione metaforica sarei io, si lascia riempire dai racconti dei passanti senza indagare troppo sull’affidabilità delle fonti, ma procedendo insaziabilmente e con fiducia.
L’obiettivo a cui ambisco è produrre non tanto un quadro sterile e superficiale delle persone ma un ritratto dell’umanità intercettata, un’indagine qualitativa in un certo senso.
Uno sguardo attento alle persone più che un’analisi dei dati statistici.
La cose si complicano se poi il vecchio secchio vuoto, che sarei sempre io, viene messo a mollo in una vasca da bagno, che poi sarebbe Napoli, città trasbordante vita ad ogni angolo di strada.
Non so se si era già capito, ma ho un problema con le metafore e di certo non sono Philip Noiret nel ruolo di Pablo Neruda.
Puoi passare una vita intera tra due strade e una piazza, ma se non apri bene gli occhi vedrai sempre le stesse cose.
Era un caldo pomeriggio di settembre e passeggiavo tra le vie del centro storico con la mia videocamera alla mano. Mi affascinano i posti angusti, claustrofobici cosi entrai in quella bottega.
“Ma vedi Mario, io non so dire quello che hai letto con parole diverse da quelle che ho usato, quando la spieghi la poesia diventa banale, meglio di ogni spiegazione è l’esperienza diretta delle emozioni che può svelare la poesia ad un animo predisposta a comprenderla”.
di Giuseppe Riccardi