La Cultura napoletana come cura animae durante la Pandemia: “Na sera pe’ viche e Napule”

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di Pio Russo.

Nelle ultime settimane il termine “live” è utilizzato con grande frequenza sui social network, con dirette quotidiane da parte degli utenti. La tendenza al rialzo del formato live è un riflesso dell’isolamento sociale imposto dalla nuova pandemia di coronavirus. L’interazione in tempo reale, con i commenti che avvengono contemporaneamente alla messa in onda della trasmissione, fa la differenza quando pensiamo alla condivisione dei momenti, con il vantaggio di generare familiarità con gli spettatori.

Molti sono gli artisti dello spettacolo che in questo periodo hanno scelto i lives per interagire con il proprio pubblico sui temi più svariati. Uno di questi è l’attore, regista, Lucio Ciotola che, oltre a proporre dirette giornaliere sul proprio profilo Facebook dal 12 marzo 2020, ha ideato, insieme all’attore e segretario nazionale del Cantagiro, Salvatore Giordano, “‘Na sera pe’ viche ‘e Napule”, una serie di trasmissioni a cadenza settimanale, rigorosamente live, che hanno come obiettivo quello di divulgare temi della cultura napoletana.

Ogni venerdì alle 21:30 Lucio e Salvatore, affiancati dai docenti Alessandro Giordano e Antonio Salvatore Romano, affrontano un elemento a scelta della cultura partenopea.

Il progetto prevede di volta in volta la partecipazione di esponenti dell’arte e dello spettacolo, tra cui Ernesto Mahieux, Gianni Parisi, Tommaso Bianco, Emma Ciotola, con cui gli spettatori potranno interagire in diretta, confrontando le proprie idee sull’argomento della settimana.

L’idea nasce dal desiderio di presentare, a napoletani e non, elementi della tradizione millenaria sorta alle falde del Vesuvio, proponendo il dibattito sia in italiano che in lingua napoletana (e non dialetto, come molti affermano erroneamente) riconosciuta dall’UNESCO, con elementi storici e aneddoti tesi a risvegliare la memoria, in modo da comprendere meglio il nostro presente attraverso la conoscenza del passato.

Parlare di Napoli è come parlare di una ridente, orgogliosa e colta donna anziana (ma apparentemente giovane nonostante l’età) che porta sul volto i segni di tante battaglie ma mantiene il perenne sorriso di chi può sfidare il mondo a testa alta e che, per la sua bellezza naturale e profonda cultura, è invidiata e maltrattata da chi non riesce a tenerle testa. Napoli è un mondo a sé, e la napoletanità è il risultato del mix di culture che si sono avvicendate nel corso degli anni nel regno di Partenope, e che fanno di questa città e dei suoi abitanti qualcosa di unico.

Le puntate precedenti di “‘Na sera pe’ viche ‘e Napule” hanno avuto come argomento principale gli antichi mestieri ambulanti e le voci dei venditori, che molte volte intonavano vere e proprie canzoni ricche di storia, saggezza e ironia. I loro strumenti musicali non erano fatti di rigido legno, bensì di anime umane, che seguivano l’armonia di un’orchestra sinfonica in cui il maestro era rappresentato dalla giovialità del vivere alla giornata, nonostante i problemi quotidiani. E questo, come sappiamo, fa parte ancora oggi dello spirito napoletano. Nel corso della trasmissione del 1 maggio Ernesto Mahieux, ospite d’eccezione, ha raccontato alcuni aneddoti sugli antichi mestieri ambulanti ed ha interagito in diretta con il pubblico.

La Napoli che fu, ricca di queste voci di strada che si alternavano di stagione in stagione, è, come affermava il grande Eduardo de Filippo, “ ’nu teatro antico, sempre apierto. Ce nasce gente ca’ senza cuncierto scenne p’ ‘e strade e sape recità”.

La stessa città che ha dato i natali a Giambattista Basile, Giordano Bruno, Renato Caccioppoli, Enrico Caruso, Domenico Cotugno, Benedetto Croce, Giambattista Vico passando per Luisa Conte, Nino Taranto, Eduardo de Filippo, fino ad arrivare a Pino Daniele, Luciano de Crescenzo e Massimo Troisi, e che per questo merita di essere raccontata, studiata e apprezzata.
“’Vedi Napoli e poi muori”, disse il poeta tedesco Johann Wolfgang von Goethe, incantato dalle bellezze della città. A lui rispose lo scrittore e archeologo inglese Arthur John Strutt, affermando: “Si dice: Vedi Napoli e poi muori!, ma io dico: – Vedi Napoli e vivi – perché c’è molto qui degno di essere vissuto”.
Questa frase rispecchia la nobile intenzione di Lucio Ciotola e Salvatore Giordano di far rivivere la tradizione del passato a chi ha potuto goderne di persona e presentare alle nuove generazioni i protagonisti, gli aneddoti e la cultura della Napoli che fu ma che continua a vivere nelle storie, nelle voci e nelle azioni di chi, come il gruppo “ ‘Na sera pe’ viche ‘e Napule”, ha capito, come Luciano de Crescenzo, che ovunque c’è sempre bisogno di po’ di Napoli.