Torre Annunziata, la moglie e la suocera del boss percepivano il vitalizio come vittime di camorra

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L’importo del vitalizio indebitamente percepito dalle due donne sino a oggi supera i 166mila euro

Per 15 anni hanno percepito il vitalizio previsto per i familiari delle vittime della criminalità organizzata ma, secondo la Guardia di Finanza, due donne, oggi moglie e suocera di un affiliato al “clan Gionta“, non ne avevano diritto. Per questo le fiamme gialle hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo emesso d’urgenza dalla Procura di Torre Annunziata. La vicenda prende il via dalla cosiddetta “strage di Sant’Alessandro“, avvenuta a Torre Annunziata il 26 agosto 1984.

Un “gruppo di fuoco” della criminalità organizzata, a bordo di un autobus turistico, aprì il fuoco, uccidendo otto persone e ferendone altre sette. Diciotto anni dopo, nel febbraio 2002, la moglie e la figlia di una delle vittime della strage ottennero dal Ministero dell’Interno un assegno “vitalizio” quali familiari delle vittime della Camorra, ai sensi della L. 407/1998. Tale beneficio economico era però, rileva la Guardia di Finanza è incompatibile con il fatto che la figlia della vittima dell’agguato, nel 1999, si era sposata con un esponente del “clan Gionta”, detenuto fra l’altro, anche per associazione mafiosa. L’intervenuto matrimonio era stato taciuto dalla donna, per poter continuare a beneficiare del vitalizio.

Quando nel 2009, la Prefettura aveva richiesto reiteratamente alle due donne di aggiornare le informazioni sulla loro situazione familiare, al fine di poter verificare la loro estraneità ad ambienti criminali, le due beneficiarie avevano omesso di rispondere ed avevano simulato una separazione consensuale tra i coniugi omologata dal Tribunale di Torre Annunziata. Le indagini, però, hanno consentito di accertare il carattere fittizio della separazione tra i coniugi, essendosi acclarato che, successivamente alla separazione, nel 2017, la coppia aveva avuto un’altra figlia e che la moglie (talvolta unitamente alla suocera) aveva continuato ad effettuare i colloqui con il marito nel carcere di Secondigliano, ove questi è tuttora ristretto. L’importo del vitalizio indebitamente percepito dalle due donne sino alla data odierna è pari a 166.174 euro. Il sequestro è stato reso possibile anche grazie alla stretta collaborazione con la Prefettura di Napoli.