Vittoria post mortem in Cassazione per Diego Armando Maradona: la Suprema Corte ha stabilito che l’argentino ha diritto al condono concesso al Napoli Calcio e convalidato dalla Commissione tributaria centrale di Napoli nel 2013.
Vittoria post mortem in Cassazione per Diego Armando Maradona: la Suprema Corte, con un verdetto pubblicato ieri e discusso in udienza a porte chiuse lo scorso 20 ottobre, ha stabilito che il bomber argentino – morto il 25 novembre 2020 – ha diritto al condono concesso al Napoli Calcio e convalidato dalla Commissione tributaria centrale di Napoli nel 2013. Grazie a questa decisione degli ‘ermellini’ si potrà chiudere la gran parte del contenzioso fiscale di Maradona, valore stimato di circa 40mln di euro, e adesso la Commissione regionale della Campania dovrà valutare, nell’interesse degli eredi, se ci sono pendenze non condonabili.
Per quanto riguarda i motivi della lite fiscale, il fisco ha sostenuto che il Napoli Calcio aveva pagato per diversi anni compensi al nero a Maradona, Careca e Alemao, per svariati miliardi di lire, e gli importi sottratti all’erario erano stati contestati con sei avvisi di accertamento emessi a carico del Pibe de oro, e altri sei per gli altri due calciatori brasiliani, quattro per Careca e due per Alemao.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, il Napoli Calcio aveva pagato ‘in nero’ “parte dei compensi dei tre giocatori, utilizzando fittiziamente alcune società estere, che si occupavano della gestione dei diritti pubblicitari degli atleti; poichè la società di calcio aveva acquistato una cospicua percentuale di tali diritti, ma nel corso degli anni non aveva mai ricevuto alcuna somma dalle società che si occupavano di diritti pubbilcitari, l’Agenzia aveva ritenuto che l’acquisto dei diritti, in realtà, celasse, dei pagamenti in nero di parte dei compensi per le prestazioni dei calciatori”.
Tutti quanti provvedevano a impugnare le cartelle fiscali, eccetto Maradona al quale rocambolescamente il fisco italiano riuscì a recapitare tre avvisi di mora nel 1993 tramite il Consolato di Siviglia, nel 1998 presso l’aeroporto di Milano Malpensa e l’ultimo nel 2001. Questo fu l’unico avviso contestato dai legali di Dieguito. Dopo alterne vicende, alla fine, nel 2004 il Napoli Calcio fallisce e la curatela della società – nonostante i giudici tributari nel 1994 avessero fatto marcia indietro ritenendo non provato l’accordo trilaterale tra calciatori, società straniere e il Napoli – decide di chiudere tutta la partita e voltare pagina e aderisce al condono fiscale pagando il 10% delle somme contestate. Anche Maradona chiede in seguito di aderire al condono concesso al Napoli, ma nel 2014 la sua richiesta viene respinta data la lunga ‘latitanza’ davanti al fisco, si estinguono invece le pendenze di Alemao e Careca che avevano presentato dichiarazioni dei redditi integrative.
Adesso invece gli ‘ermellini’ hanno stabilito che “la definizione agevolata cui ha aderito la società Calcio Napoli può allora estendersi al calciatore Maradona” per effetto della “solidarietà passiva”. “Se si negasse al Maradona la possibilità di intervenire nel giudizio dinanzi alla Commissione tributaria centrale, per poter beneficiare del condono cui ha aderito la società, vi sarebbe una palese assenza di tutela ‘effettiva’ del contribuente, che non avrebbe altra possibilità di far valere le proprie ragioni in altra sede, con il verificarsi di una vera e propria ‘denegata ingiustizia’”. Ora tutto il fascicolo torna nelle mani della Commissione regionale della Campania che dovrà verificare “una volta esteso il condono” anche a Maradona “la sua posizione tributaria per il debito residuo nei confronti dell’Agenzia delle Entrate”. Calcolando che il primo avviso risale al 1985, sono quasi 40 anni che Maradona continua a dribblare tasse e cartelle.