Maria Rosa Bellezza, donna forte, dolce e concreta, avvocato e mamma di due bambini, racconta una storia che permette a tanti di rivivere almeno un periodo della propria vita.
“Le lesioni dell’anima”, edito da Homo Scrivens, è il primo romanzo di Maria Rosa Bellezza, donna forte, dolce e concreta, avvocato e mamma di due bambini che racconta una storia che permette a tanti di rivivere almeno un periodo della propria vita. Al di là delle situazioni specifiche, a tutti capita di attraversare periodi di insicurezza e di difficoltà che, vissute in uno stato di solitudine emotiva nel quale spesso ci si auto-rifugia, appaiono insuperabili ma non è così: l’esempio ci arriva dai protagonisti del romanzo Ada e Mizio. I due condividono una serie di affinità elettive che li rende nel tempo sempre più uniti in un amore che li apre anche agli altri.
Non è il caso di anticipare ciò si scopre leggendo il libro ma va detto che con Mizio ci si avvicina ad una realtà che, spesso spaventando, appartiene alla vita di molte più persone di quanto si pensi e cioè avere delle premonizioni: dono o maledizione? Il percorso del protagonista ci fa capire ancora una volta che tantissimo nella vita dipende da come si affrontano le cose, soprattutto quelle che non si possono cambiare e che quindi spetta al singolo impegnarsi a viverle come opportunità positiva. Come giustamente afferma l’autrice, il presente di ogni persona è frutto del suo passato per cui spetta ad ogni persona affrontare la vita con grinta ed amore per se stessi e per gli altri, sicuri di essere inseriti nel più grande disegno divino dove esempi di sensibilità, generosità, accoglienza, resilienza ed amore hanno uno scopo preciso.
Il tuo romanzo è un intreccio equilibrato tra situazioni autobiografiche ed altre costruite. Cosa ti ha spinto a scriverlo; forse la volontà di chiudere con un passato di dolore e lanciarti con forza e consapevolezza in una nuova vita?
Sebbene non sia stato facile essere un’adolescente con un handicap, sono fiera della donna adulta che sono diventata. Quindi il mio passato di dolore, come lo definisci, non voglio lasciarmelo alle spalle per superarlo, al contrario: attraverso questo libro ho colto l’occasione per dargli il riconoscimento che merita. Se non avessi vissuto una vita di difficoltà, adattamento e superamento dei limiti, oggi sarei una persona diversa, forse più felice ma meno serena e consapevole della bellezza della mia anima.
E’ possibile che l’incontro con Anna Copertino sia stato il “segnale” che dovevi pubblicare “Le lesioni dell’anima” dando una scossa a tante persone che vivono una condizione di handicap trincerandosi in barriere più grandi di quello che sono realmente?
L’incontro con la giornalista Anna Copertino, di cui oggi mi pregio di essere amica, è stato catartico. Nella mia vita sono stata fortunata, ho incontrato persone che mi hanno accettato con semplicità per quello che ero e per i limiti che a volte mostravo, senza mai darci troppo peso. Anna però è stata la prima a farmi comprendere che la mia storia non era così scontata e che potevo, anzi dovevo, andare oltre il romanzo per scegliere di essere d’aiuto ad altri che hanno vissuto gravi difficoltà nella loro vita. È stata brava: ha intuito che l’ostacolo più grande era la mia riservatezza e ha lasciato che l’idea di espormi sbocciasse da sola. Ed è stato così: quando il libro è uscito io ero ormai pronta a parlare non solo dei miei personaggi ma anche di me, e il merito di questa mia nuova maturità e consapevolezza è solo suo.
Il successo del romanzo è senz’altro un’importante ricompensa al lavoro svolto. Ma cos’altro ha significato per te?
Il successo del romanzo ha avuto il merito di ricordarmi che il vero motore della vita è il sogno. Tutti nasciamo con un progetto dell’anima che va realizzato e che sentiamo nelle nostre viscere spesso senza riconoscerlo perché tendiamo a soffocarlo quando non ci sembra che sia in linea con i contesti sociali in cui viviamo o con ciò che si aspettano da noi. E mi ha anche mostrato quanto sia bello sentirsi di aiuto o di esempio per altre persone. In molti, dopo l’uscita del romanzo, mi hanno scritto per dirmi che si sono ritrovati in alcuni passaggi del libro in cui parlavo delle difficoltà di Ada adolescente, così come tanti hanno trovato consolazione nell’idea che le persone care che non ci sono più ci accompagnano anche quando a noi sembra che ci abbiano lasciati. Mi piace che la mia storia lasci un messaggio di sostegno “universale” che fa sentire meno soli e connessi con Dio.