di Eliana Iuorio
“Osama Bin Laden, seguiva il calcio italiano, dal suo covo in Afghanistan“.
Confesso che a queste dichiarazioni di Gianluca Di Feo, in una calda Feltrinelli di fine novembre, abbia sentito tutti i brividi del mondo attraversarmi la schiena.
Da buona tifosa del Napoli, ho però malignato immediatamente, immaginando il responsabile delle stragi dell’11 settembre 2001, in una esclusiva versione della t-shirt bianconera, pronto a tifare solo e soltanto per la nostra rivalissima Juve.
Immagine tragicomica, che come nella nuvola di un fumetto, è scomparsa quasi nell’immediato, cancellata da quella molto più realistica delle mani delle mafie, sul calcio italiano.
E sì. Calcio e mafie.
Un territorio vasto e appetibile, dove interessi economici e la ricerca del sempre necessario consenso – prodromico alla stessa esistenza della struttura criminale – forniscono gli stimoli necessari, alle mafie, per insinuarsi.
“Il pallone: il gioco più bello del mondo” – avrà detto qualcuno, in un tempo remoto.
Non di certo, quando un giocatore chiede la mediazione dei Graviano, per arrivare a lavorare al Milan (non riuscendovi solo perchè gli stessi saranno arrestati); non di certo, quando con i soldi dei clan, attraverso operazioni di riciclaggio, colletti sporchi si affacciano sul mondo dello sport, per arrivare ad acquistare squadre di calcio come la Lazio o la Sanremese; non, se determinati calciatori stringono rapporti con capiclan o con quelle tifoserie espressione della camorra, della mafia o della ‘ndrangheta.
Per il sindaco de Magistris, intervenuto alla presentazione, la colpa è del “denaro che muove lo sport“, e la sua ricetta sarebbe tutta nel ritorno al calcio come “uno sport portatore di valori e messaggi etici”, riferendosi anche al bellissimo momento di solidarietà vissuto al San Paolo, prima della partita contro il Chievo, quando a pochi giorni dall’assassinio di Pasquale Romano (giovane vittima innocente di camorra), alcuni familiari delle vittime innocenti di criminalità sono scesi in campo, salutati dall’applauso scrosciante e commovente dei tifosi delle curve.
“La verità è che anche la Giustizia sportiva, deve riformarsi” – dice il magistrato Raffaele Cantone, autore di Football Clan insieme al giornalista Di Feo, per la casa editrice Rizzoli, e continua: “Emblematico il caso Conte: impensabile, che per un caso del genere, la pena sia di soli quattro mesi“.
E’ Virman Cusenza, direttore de Il Mattino di Napoli, ad illustrare gli aspetti fondamentali del libro: “Un lavoro difficile e sofferto, perchè i tifosi non vogliono sentir parlare di calcio malato; ma questo è un testo che non analizza soltanto i mali, ma offre, in conclusione, anche prospettive di soluzione“.
“Una riflessione a parte merita il sistema scommesse” – continua Cantone – “Sono vari, gli interessi economici e criminali che vi ruotano intorno: sarebbe bene, ad esempio, abolire le scommesse relative alle serie minori e quelle live!”
Non solo scommesse, non solo calcio e mafie, negli interventi a La Feltrinelli. Si parla di gioco: quando può diventare malattia.
E ad intervenire, è ancora il magistrato :”Lo Stato, legalizzando il videopoker, al fine di finanziare le famigerate casette de l’Aquila, nella ricostruzione post terremoto, ha prodotto un danno enorme; non dimentichiamo che la ludopatìa è una delle malattie sociali più preoccupanti dei nostri tempi!”
Un argomento interessante, affascinante e difficile.
Perchè incontra spesso la reazione di chi preferisce non sapere, piuttosto che rendersi conto che “lo sport più bello del mondo” presenta tante, troppe macchie, al suo attivo.
“In altri dibattiti” – riferiscono Cantone e Di Feo – ci è capitato di raccogliere la considerazione di chi ritiene che si esageri, parlando di calcio e mafie. Come se il fenomeno non fosse così preoccupante. Il calcio resta in linea di massima pulito, ma le inchieste non sono purtroppo un’invenzione, nè tutto può risolversi mettendo i paraocchi. Il problema reale, è che il pallone rischia di essere inquinato come altri sport e finire nell’abbandono, perchè poi seguirebbe inesorabile la disillusione dei tifosi e degli sportivi“.
Un esempio su tutti? Basti pensare all’ippica ed a quel “piccolo mondo antico”, che non c’è più.