Mimmo Lucano vittima di una ingiustizia

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mimmo lucano

Omar che uccise a Novi Ligure la mamma e il piccolo fratello ha avuto la stessa pena detentiva comminata in primo grado a Mimmo Lucano.

Una sentenza “esagerata” e che per criticarla severamente non è necessaria la lettura delle motivazione. È, a prima vista, enorme che rovescia qualsiasi concetto di giustizia, indipendentemente da eventuali responsabilità penali da parte dell’ex Sindaco di Riace.
Questa sentenza rappresenta un altro tassello di una caduta di prestigio e di credibilità da parte della Magistratura: eccesso di ideologia, di parzialità, di corporativismo, di protagonismo, disumanità e si potrebbe continuare.
Tredici anni e due mesi, poco meno di sette chiesti dalla Procura, già platealmente accanita, per reati che nessun truffatore si è mai visto colpito in questa entità, tenuto conto che a carico di Lucano le ipotesi accusatorie di concussione e favoreggiamento erano venute meno.
Ricordiamo che, dopo l’arresto, ci fu anche la sofferenza del divieto di dimora che stabilì che Lucano, umiliato e punito, potesse andare dovunque tranne nel suo paese, nonostante che non fosse più Sindaco perché sospeso dalla carica. Di fatto, con quel provvedimento restrittivo ci si è voluto ulteriormente accanire.
Da qui, il legittimo sospetto che l’ incredibile sentenza emessa dal Tribunale di Locri rappresenti una risposta verso i Magistrati della Cassazione che stabilì che a carico di Lucano erano state comminate penose misure immotivate.
È fuori di dubbio che già quando fu stabilito l’arresto venne estirpato un valido modello di integrazione, vincente anche da un punto di vista strettamente economico. Basti pensare che, con i 35 euro che lo Stato versava per ogni immigrato, a Riace creavano lavoro non mera sussistenza.
Veniva attuata una politica volta a creare una nuova vita in realtà geografiche morenti e, quindi, dimostrando fattualmente le enormi opportunità per tutti noi che offre il fenomeno migratorio. Una riuscita forma di gestione di convivenza fra etnie diverse che oggettivamente pongono dei problemi, ma l’ esperienza di Riace aveva dimostrato a tutta l’opinione pubblica che non solo era auspicabile, ma anche possibile avviare e stabilizzare modalità economiche e sociali in ordine all’ accoglienza dei migranti.
Infatti, il modello Riace, messo a punto da Lucano e dalla sua Giunta, prevedeva innanzitutto che ai richiedenti asilo fossero assegnate in comodato d’ uso le case abbandonate e che i soldi dei progetti di accoglienza stanziati dal Governo fossero usati per borse lavoro e per attività commerciali.
Un truffatore è tale quando mette in atto delle truffe per arricchirsi. A Lucano non hanno trovato un soldo e, allora, quei Magistrati hanno ritenuto che quei disordini amministrativi fossero stati fatti per convenienza politica. In realtà, Lucano è un disobbediente, non un truffatore.
Non si può equiparare un fattore disordinato per una truffa. È contro ogni basilare principio della nostra civiltà giuridica. È davvero penoso il fatto che, invece di riprodurre il metodo Riace nelle nostre terre abbandonate, nelle campagne desertificate del nostro Sud, è stato spazzato via senza le ruspe di Salvini e le guerre tra i poveri fomentate dalla Meloni.
È stato utilizzato il codice penale applicato con un particolare accanimento, in barba a qualsiasi concetto di giustizia.
Andava condannato o assolto Mimmo Lucano? Questo lo deve stabilire l’ Autorità Giudiziaria, ma quel tipo di pena ha qualcosa di mostruoso e, tra l’ altro, danneggia l’ immagine della Magistratura che in questa fase storica non è propriamente luminosa.