Corrispondenze dell’esule: “L’esule e la vipera” (presentazione di “Vipera”, di Maurizio de Giovanni, alla Biblioteca Pennazzato di Roma)

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Corrispondenze dell’esule

Rubrica di Annamaria Torroncelli

Una Corrispondenza speciale per RoadtvItalia in occasione della presentazione in anteprima (sabato 15 dicembre) a Roma di Vipera, ultimo romanzo di Maurizio de Giovanni.

 Corrispondenze dell'esule: "L'esule e la vipera" (presentazione di "Vipera", di Maurizio de Giovanni, alla Biblioteca Pennazzato di Roma)

Un pomeriggio volato tra emozioni e ricordi. Delle tue storie, dei tuoi libri.

Un pomeriggio di sorrisi e malinconie, di brividi e passione.
Un pomeriggio con te, insieme alla tua famiglia romana.

Grazie!

 Queste, le mie parole, per Maurizio de Giovanni, all’indomani dell’incontro romano alla biblioteca Penazzato di Roma. Un incontro  che, sabato scorso, ha inaugurato il ciclo di manifestazioni dal titolo I libri, e oltre. Uno scrittore nella casa dei libri, fortemente volute dalla responsabile della biblioteca, Marisa Valentini, sostenuta ed affiancata, in questa impresa, dalla mia inesauribile passione per l’universo librario.

Grazie per aver accolto, per l’anteprima romana di Vipera,   l’invito di una casa semplice, una biblioteca di in un quartiere periferico di Roma, lontana dalle sue più blasonate sorelle del centro storico.

Grazie per aver apprezzato la soavità del profumo della carta e delle parole tanto da anteporla ai fasti della presentazione ufficiale, quella in pompa magna, con i grandi nomi e il pubblico delle migliori occasioni.

Grazie per aver accettato di condividere con “l’esule in terra straniera” il racconto del dietro le quinte di questa nuova creatura letteraria.

 

Grazie.

 Corrispondenze dell'esule: "L'esule e la vipera" (presentazione di "Vipera", di Maurizio de Giovanni, alla Biblioteca Pennazzato di Roma)

Ma veniamo alla cronaca.

Come in ogni incontro che si rispetti avevo preparato una scaletta di massima, pur sapendo che, con de Giovanni, la scaletta è un optional. Viene spesso sovvertita, stravolta, se non addirittura ignorata. Ma, vuoi per deformazione professionale, vuoi per una innata tendenza all’ordine nelle questioni pratiche, ho bisogno di scaffali. E ho tentato di organizzare.

Ma la sorte, e questa volta, non de Giovanni, ha voluto diversamente. E ha deciso per me.

Un treno che fa ritardo, il pubblico numeroso che inizia a scalpitare sebbene musiche napoletane d’epoca aleggino nella sala piacevolmente, costringono il giornalista-moderatore e me a dare inizio all’incontro in una situazione irrituale.

Con la sedia dell’ospite d’onore  vuota; de Giovanni non c’è ancora.

La direttrice dell’istituto fa gli onori di casa e presenta il programma delle manifestazioni previste in biblioteca, il giornalista Paolo Valentini illustra a grandi linee le caratteristiche del noir italiano, ed io prendo per mano il pubblico narrando l’alchimia straordinaria che esiste tra la mia attività professionale e la collaborazione a fianco di de Giovanni. Alchimia che affonda le radici nella mia vita di napoletana “esule in terra straniera”.

E proprio queste chiacchiere in libertà ci fanno scaldare i motori, creano un’atmosfera calda, complice. Il pubblico piano piano comprende che lì si andava a raccontare un romanzo in un romanzo, un’indagine nell’indagine. Un dietro le quinte intrigante, e assolutamente inaspettato. L’imprevisto si sta rivelando una carta vincente.

Sentirmi alle spalle pareti foderate di libri, ordinati e classificati, mi dava sicurezza. Come dire, mi sentivo a casa, nella mia casa e le persone che erano davanti a me erano i miei ospiti ai quali, come per incanto, aprivo lo scrigno dei miei ricordi.

Chi mi legge su queste pagine sa che è una caratteristica dell’esule, riandare indietro con la memoria. Anche se una cosa è scrivere, nel silenzio e nella solitudine del proprio studio, altra cosa è parlare di sé, guardando gli occhi degli spettatori. Ma trovo il coraggio e vado avanti. E così tra una chiacchiera e l’altra, poco prima delle 18, de Giovanni arriva. Finalmente.

Si guarda intorno, da attore consumato, si scusa e, giusto il tempo di sfilarsi l’impermeabile, prende possesso della scena e si butta a capofitto nella discussione.

Il clima è caldo, accogliente come quello di una stanza riscaldata dal fuoco di un camino. Gli ospiti lo sentono, e lo sente anche l’autore e noi che gli stiamo accanto.

Che de Giovanni sia un affabulatore, fascinoso e affascinante, è fatto noto, è la caratteristica che gli ha consentito di oltrepassare i limiti della produzione di genere dalla coloritura dialettale e di riuscire a calamitare l’attenzione di lettori di ogni estrazione culturale. Perché  a tutti riesce a parlare. Il racconto si snocciola in un autentico gioco di scatole cinesi,  coinvolgendomi in un divertente scambio di battute assolutamente improvvisato, come una partita di ping pong. Che ha divertito noi per primi.

Corrispondenze dell'esule: "L'esule e la vipera" (presentazione di "Vipera", di Maurizio de Giovanni, alla Biblioteca Pennazzato di Roma)

Mentre parlo, guardo gli ospiti che, rapiti, bevono le sue parole. E penso. Da lettrice spesso mi sono chiesta, dove sta l’Autore nei suoi romanzi, dove si nasconde, sotto quale maschera si cela?

Ricordo il vezzo cinematografico di Hitchkoch, genio del giallo cinematografico, insuperabile ancor oggi, che, nei suoi film, si riservava una minuscola apparizione, inosservata ai più, ma non ai suoi appassionati conoscitori. Quel gioco mi piaceva, e mi piace anche oggi. Ma il film permette di vedere l’artista, in carne ed ossa, il romanzo no. Gli autori si conoscono attraverso la loro scrittura, solo più raramente nel loro aspetto fisico e ancor più di rado in quello umano.

Forse, penso, anche i lettori di de Giovanni si chiedono: dove stai nei tuoi romanzi, dove ti nascondi, sotto quale maschera ti celi? Quanto di Ricciardi, di Maione, di Modo, di Lojacono c’è in te? La risposta sta lì, davanti a loro: in ognuno dei personaggi c’è una scheggia della sua anima, una scheggia più o meno grande, ma sta proprio in tutti.

 E alla fine basta solo un’ora perché de Giovanni diventi l’amico di sempre, quasi uno di famiglia. Che ti spiace lasciare andare. Perché ti ha regalato un pomeriggio in nulla banale e scontato.

Perché i suoi racconti hanno abitato con calore una casa che ha aperto le porte ad una festa, una grande festa.

La festa della fantasia, delle parole, dei viaggi dell’anima.