Le diverse declinazioni della sostenibilità in una prospettiva di genere

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Il concetto di sostenibilità non riguarda solo l’attenzione e la cura dell’ambiente e la transizione ecologica.

È un concetto complesso che riguarda il rapporto tra economia e società e che per questo si declina anche nella più ampia sostenibilità sociale, economica ed amministrativa. E che ha come filo conduttore la cultura

Sostenibilità e parità di genere mettono al centro l’interconnessione tra transizione ecologica e cambiamento sociale, come dimostrano anche gli obiettivi posti dall’ONU per lo Sviluppo Sostenibile e dal programma Next generation Eu per la ripartenza dell’Europa dopo la pandemia.

Nel 2015 le Nazioni Unite hanno fissato nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile una serie di obiettivi che hanno come scopo quello di migliorare la vita di tutti, donne e uomini sia a livello ambientale che sociale. L’Agenda contiene 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile tra cui, appunto, al quinto posto, c’è anche la parità di genere.

L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione per

– le persone,

– il pianeta

– e la prosperità che tiene conto della necessità di sostenere la pace universale e la libertà, di sradicare la povertà in tutte le sue forme e dimensioni, conseguendo una trasformazione sostenibile della società, dell’economia e dell’ambiente da qui al 2030.

“No one left behind” – non lasciare indietro nessuno – è uno dei principi chiave.

L’Agenda 2030 ingloba 17 obiettivi (SDGs) in un grande programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi e oltre 240 indicatori.

I 193 Paesi firmatari si sono impegnati a raggiungere questi obiettivi entro il 2030.

La caratteristica essenziale dei goals è di essere:

– universali,

– interconnessi

– indivisibili

– devono tener conto delle specifiche realtà territoriali

– sono potenzialmente applicabili ovunque, a livello globale, nazionale e locale (regionale e/o urbano).

L’ONU definisce l’Agenda 2030 come “ una base necessaria per un mondo pacifico, prospero e sostenibile”.

Ma nonostante ci siano stati negli anni molti progressi, come l’aumento della scolarizzazione delle ragazze a livello globale e l’aumento della presenza di donne nei Parlamenti, restano ancora numerosi ostacoli per il raggiungimento di una reale parità di genere.

Lo scopo è quello di cambiare il paradigma dominante e di manifestare l’insostenibilità dell’attuale modello di crescita, sottolineando la necessità di una visione integrata delle varie dimensioni dello sviluppo.

Lo sviluppo, per essere sostenibile, deve integrare

– crescita economica,

– tutela dell’ambiente

– diritti umani e sociali,

al fine di conservare il Pianeta per le generazioni future sia dal punto di vista ecologico che da quello sociale e civile.

Gli Obiettivi dell’Agenda 2030 si distinguono infatti dai precedenti, gli Obiettivi del Millennio per il 2015 (introdotti nella Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite nel 2000), nell’integrare le dimensioni sociali, economiche e ambientali, accantonando definitivamente l’idea che la sostenibilità riguardi unicamente le tematiche ambientali.

Cosa sono in questo contesto gli investimenti ESG?

Sono investimenti in cui viene riconosciuta l’importanza dei fattori ambientali, sociali e di governance nelle decisioni di investimento.

Gli investimenti ESG mirano a valutare i rischi sociali, ambientali ed economici di ciascuna azienda e le opportunità che derivano da questi fattori.

Tra le decisioni prese dai governi di tutto il mondo negli scorsi mesi quella di incrementare gli sforzi in tema di politiche ambientali è sicuramente centrale. Un primo grande passo era già stato fatto nel 2015 con gli Accordi di Parigi, che pongono l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale. Con l’arrivo della pandemia, tutte le principali economie mondiali si sono decise ad unire le forze per l’ambiente. Il vero punto di svolta, dopo la Cop 26 di Glasgow dello scorso novembre, è rappresentato dall’ingresso in campo di Joe Biden che, oltre a far rientrare gli USA negli Accordi di Parigi, ha previsto anche un Piano Green incentrato su energie rinnovabili, mobilità elettrica ed edifici verdi.

Con l’attuale crisi internazionale tra Russia ed Ucraina i piani verso la transizione ecologica dovranno necessariamente essere rivisti.

Molto si sta facendo sulla misurazione dell’impatto degli investimenti green e sulla finanza responsabile e sostenibile ma di questo ne parleremo in un futuro approfondimento.

Secondo il World Economic Forum, per colmare il divario globale nella parità di genere, se si continua a questi ritmi, ci vorranno ancora altri 135,6 anni.

In generale il divario nella partecipazione al mercato del lavoro tra uomini e donne è rimasto stabile negli ultimi vent’anni, fermo a circa 30 punti percentuali.

Come superare questo gap?

Con azioni concrete e misurabili.

Il W20 e il G20 nel 2022 hanno messo a punto un insieme di misure possibili, tra le quali:

– la riduzione del digital divide tramite investimenti nell’educazione digitale per l’accesso delle donne alle tecnologie digitali

– l’incremento dei prodotti finanziari gender-responsive, cioè sensibili alle disuguaglianze di genere,

– anche nella finanza, oltre che ai fattori ESG (Environmental, social and corporate governance), gli investitori sono sempre più attenti anche alle società che promuovono la Gender Equality in quanto una maggiore partecipazione femminile è legata a una migliore stabilità degli utili, fattore essenziale per la sostenibilità a lungo termine.

La questione della parità di genere è uno dei pilastri del Next Generation Eu e anche del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano per il rilancio dell’economia nazionale tramite investimenti e riforme. Tra queste centrale il ruolo dell’imprenditoria femminile nel creare lavoro e rilanciare il nostro Paese nel post pandemia.

In questo scenario , i temi legati all’empowerment delle donne e al diritto al benessere collettivo sono centrali.

Il modello femminile di fare impresa che emerge è un nuovo paradigma d’impresa responsabile, etica e sostenibile che valorizza tutta la tradizione italiana di CSR, di economia civile e dei rispettivi “padri nobili”, tra gli altri Stefano Zamagni, Adriano Olivetti, per trasformare le aziende in soggetti che producono valore per la società, per dar vita a una nuova politica economica.

Il valore aggiunto delle donne in questa fase di transizione verso nuovi modelli economici, rispettosi dell’ambiente e che possono determinare un ormai improrogabile cambio di rotta, si trova in molte nuove imprese della nostra rete.

Sono emersi valori come la capacità di ascolto e di osservazione delle necessità degli altri, l’attenzione e la cura verso le nuove generazioni, la volontà di trasferire ai/alle più giovani conoscenza e consapevolezza, l’attitudine all’approccio multidisciplinare e alla condivisione, oltre all’immancabile passione, competenza e impegno.

L’imprenditoria femminile contribuisce in maniera significativa al PIL italiano ed europeo ma è ancora inespressa e sottorappresentata e costituisce una risposta importante alla crisi, grazie anche al contributo di competenze e stili imprenditoriali spesso differenti.

Le donne costituiscono il 34,4% dei lavoratori autonomi in Europa, questo indica come sia necessario un maggiore incoraggiamento per diventare imprenditrici. Occorre favorire la nascita di nuove imprese femminili attraverso il sostegno, la valorizzazione e l’individuazione delle capacità e potenzialità imprenditoriali dei soggetti con maggiore rischio occupazionale favorendone il consolidamento e radicamento sui diversi territori.

Occorre sostenere e valorizzare il capitale umano e le pari opportunità mediante la creazione di nuove leve imprenditoriali all’interno dei diversi settori di attività. Occorre ridurre il tasso di mortalità delle nuove imprese correlato alla carenza dei fattori di conoscenza del tessuto produttivo, di stabilità e di continuità delle nuove iniziative imprenditoriali.

Il modello economico di riferimento è quello dell’ economia green e della digitalizzazione, in una sfida tra tra creatività digitale, arte, umanesimo, nuova imprenditorialità e nuove professioni che pone alla base dell’innovazione la rimozione delle barriere disciplinari, per guidare l’attitudine al cambiamento verso la consapevolezza che il digitale, dopo esserne stato una formidabile leva, può diventarne il motore alimentato da un’energia realmente sostenibile: la conoscenza.

La consultazione messa in atto dagli Stati generali delle Donne e dall’Alleanza delle Donne che si è configurata in questi ultimi anni è stato un momento di formazione, apprendimento continuo, confronto e dialogo su alcuni temi strategici che caratterizzano il gender mainstreaming coniugato con la sostenibilità nel contesto delle Città del futuro, le “Città delle Donne” e la vita di donne, uomini, bambine e bambini ponendo l’attenzione ai cambiamenti climatici, la cultura, il lavoro, le imprese femminili, la biodiversità, l’interconnessione, la mobilità virtuale e fisica, l’innovazione e la ricerca, il rispetto e la cura delle relazioni e della Madre Terra.

Il percorso è iniziato con le maratone per “l’Europa che verrà” e i side event organizzati in seguito al G20 che si è svolto in Italia, importanti momenti di lavoro online e in presenza realizzati nel mese di febbraio, giugno, luglio, agosto e settembre 2021, per poi concludersi con la presentazione del documento ufficiale il 12 novembre 2021.

La “Carta di Dubai” presentata l’8 marzo all’Expo di Dubai è uno degli output di questo percorso, insieme ai due Position Paper sull’imprenditoria come leva per il rilancio dell’economia del nostro Paese e dell’Europa e quello sul Futuro delle Città.

La Carta di Dubai, che arriva dalla Carta di Pechino del 1995 e da quella di Milano dell’Expo del 2015, si pone l’obiettivo di sostenere i policy maker e i rappresentanti del mondo delle politiche di sviluppo economico locale, educazione, formazione, pari opportunità e sostenibilità di tutto il mondo per sviluppare politiche e programmi a supporto del lavoro, delle imprese, della formazione, della innovazione e ricerca delle donne, attraverso il protagonismo delle donne stesse, nell’ambito di una sostanziale valorizzazione delle donne.

Riteniamo che le grandi questioni di conflitto sociale, sicurezza, sostenibilità – ambientale, amministrativa, economica-finanziaria, e culturale – cura, welfare devono avere risposte e traiettorie comuni verso la transizione ecologica e digitale, le politiche di genere, la gestione della cosa pubblica, partendo dalla capacità generatrice e rigeneratrice della donne, dai territori, dagli stili di vita, dall’educazione, dalle Città, dai borghi, da tutti gli insediamenti umani che esprimono relazioni sociali organizzate, da connessioni virtuali e fisiche, incentrate sulla promozione di azioni concrete su temi strategici in linea con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, nonché con la cooperazione tra scuole, università e comunità locali.

Quali sono i nuovi diritti delle donne e della società europee?

Quali sono i temi sociali legati all’innovazione e al nuovo umanesimo digitale?

I nuovi servizi, le dotazioni territoriali che organizzano l’ambiente umano e sociale nei rapporti casa/lavoro. La sicurezza urbana in termini sociali e non solo ambientali. Come superare e monitorare il gap strutturale nelle espressioni delle società dei vari paesi? A chi affidare il monitoraggio della società nei confronti delle donne e del loro futuro, il futuro del mondo?

Alle donne spetta il compito di scrivere il futuro che è presente e lo dobbiamo costruire ogni giorno.

Il futuro è di chi lo fa.

Alla UE, all’ONU, al G20, ognuno per competenza e per diversi pacchetti operativi e normativi, affidiamo il compito di strutturare le azioni politiche implementative e di monitoraggio.

Questo lungo ultimo miglio sembra irrealizzabile rispetto all’eccentricità della diversa realtà misurabile almeno nei diversi contesti nazionali e di continenti in cui ancora la soglia di povertà e il dramma della guerra costringe a forme di sopravvivenza milioni di persone.

Traiettorie scomposte e trame interrotte da riannodare e tessere.

Un lavoro complesso e sfidante in linea con l’Agenda 2030, ma che va oltre, a causa di una accelerazione alla trasformazione che ci coinvolge tutti e tutte.

Il futuro delle donne è il futuro della società e la “Carta di Dubai”, è una milestone determinante nella consapevolezza di un contributo necessario, né utopico, né ideologico, verso una società coesa di cui gli Stati Generali delle Donne e l’Alleanza delle donne se ne fanno carico.

L’Expò di Dubai darà potere alle donne per ispirare un futuro migliore. Qui si stanno incontrando politici influenti, leader e il pubblico per mostrare storie di vita reale di donne che hanno guidato la strada e incoraggiato pensieri per idee diverse e lungimiranti e ricercare soluzioni per contribuire a costruire un mondo migliore, più equo e giusto per tutti.

L’Europa avrà coraggio e lungimiranza? Riusciremo in una grande Alleanza delle Donne portare l’ Europa a Dubai per connettere culture, territori ed affermare la bellezza?

La nostra mission è quella di ispirare positività e cambiamento, contaminare il mondo di energia virtuosa, e costruire entusiasmo e speranza per co-progettare e anticipare il futuro, in questo momento storico terribile ma meraviglioso, alba di una nuova era di rinnovamento sostenibile.

Isa Maggi, pres. Stati Generali delle Donne