Lgbtquia+ e diritti: a che punto siamo?

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Il rapporto annuale dell’Associazione internazionale ILGA sull’Europa e l’Asia centrale ci ha posizionati al 33° posto su 49, quanto a tutela e rispetto dei Diritti umani relativi a persone gay, bisex, trans ed intersex. Nel mondo, in 11 Paesi non solo l’omosessualità è reato, ma è addirittura punibile con la morte. Discriminazioni e violenze di ogni genere (arrivando in molti casi all’omicidio!), per le persone che si dichiarano LGBTQUIA+, sono all’ordine del giorno. E il DDL Zan che nuovamente riproposto, attende ancora di essere calendarizzato per la discussione in Commissione Giustizia. In questo clima, ho incontrato dei compagni di viaggio davvero speciali, che mi hanno offerto la loro testimonianza ed il loro supporto, nella stesura di questo articolo.

Ricorderete tutt*, gli applausi festanti del popolo di centro-destra, quando in autunno, con la votazione a scrutinio segreto al Senato ed il “generoso contributo” di alcuni franchi tiratori della coalizione di maggioranza (renziani, soprattutto), il DDL Zan, già approvato alla Camera, non riuscì a “vedere la luce”. Mi sono chiesta in molteplici lingue morte, il motivo reale che abbia potuto condurre il nostro Paese così in basso; perché – non si sconvolga alcuno, eh! – più in giù di così, mi sa che non si può andare. Cosa costerebbe, ad una Nazione civile quale vantiamo di essere, approvare definitivamente un disegno di legge che ha soltanto il merito di maggiormente tutelare i diritti delle persone, nell’applicazione di uno dei cardini fondamentali della nostra democrazia, l’art. 3 della nostra Costituzione, che sembra quasi uscito dalla penna di un* poeta illuminato: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Quali, le nostre paure, le nostre fobie di fronte a concetti quali “libertà” ed “uguaglianza”?
L’IPSOS, lo scorso anno, ebbe a pubblicare un sondaggio molto pregnante, dal quale si evince cosa pensa l’opinione pubblica del Ddl Zan; mi hanno colpita due dati, in particolare: a) sul tema della discriminazione, alla domanda “Secondo lei in Italia il problema della discriminazione su base religiosa, etnica, colore della pelle o orientamento sessuale…”, il 30% ha risposto dicendo si tratti di un tema sollevato da pochi intellettuali; b)sul tema dell’informazione, alla domanda “Saprebbe dirmi che cos’è il DDL Zan di cui si sente spesso parlare in queste ultime settimane?”il 5% pensa che sia un provvedimento che permette alle coppie omosessuali di adottare un bambino e il 6% pensa che proponga la possibilità di sposarsi alle coppie omossessuali. Il restante 30% degli intervistati ammette di non saperne nulla e di non averne mai sentito parlare.
In pratica c’è chi banalizza il problema della discriminazione e c’è una fetta molto ampia che fa confusione, o non conosce affatto di cosa si stia parlando e cosa sia il Ddl Zan.
Perché, ci ho tenuto a fornirvi questi dati? Per meglio comprendere quanto siano assolutamente necessarie iniziative ed eventi pubblici di sensibilizzazione, sul tema; quanto non occorra scoraggiarsi e scendere tra la gente, per informare, per mostrare loro su cosa stanno lavorando i destinatari del proprio voto; far sentire la nostra voce ai nostri rappresentanti in Parlamento è non solo importante, ma direi dirimente, in situazioni come questa. Quanti, in Italia, hanno figli, amici, parenti, conoscenti lgbtquia+ ? Quanti sono lgbtquia+ ? Quanto è importante per l’intera nostra Comunità, per tutta la Società che si manifesta come “civile”, il semplice diritto ad esistere ed a vivere in condizioni di eguaglianza e libertà?
Sono tre, le donne che ho ascoltato questa settimana, sul tema; chi vis à vis e chi grazie ai mezzi di comunicazione a nostra disposizione: Robi S., Emma Ruzzon, Genny Falciano; tutte portatrici di una testimonianza importante, in grado di smuovere le nostre coscienze e le nostre idee.

Robi l’ho incontrata grazie ai social ed al mio “Lady in the city Igtv Live”, come sapete, su instagram; da lì, un messaggio privato in direct, una mail ed una chiacchierata fiume al telefono, in videochat.
<<Da bambina e da ragazza ho sempre vissuto la vita secondo le aspettative ed i desideri di mia madre. La danza, prima; il conservatorio, poi; questa scuola e non quella. Ero praticamente una marionetta nelle sue mani. Mi sono sempre piaciute le donne, ma ho accettato di fidanzarmi con il figlio di amici di famiglia, a 16 anni, per non far crollare il castello mentale dei miei, ma più onestamente, per togliermeli dalle scatole, afflitta com’ero da questa loro ansia da “e se ci rimane sola?” Lui sapeva, eravamo amici fin da bambini e non mi ha mai dato problemi, facendosi la sua vita ed uscendo insieme a me e ad altri della comitiva, per ingannare i miei ed i suoi, visto che amava una ragazza del gruppo “indesiderata” ai suoi genitori, solo perché di origini e ceto lontanissimi dal nostro (a loro dire). A modo nostro, pensavamo di vivere, nonostante il peso del compiacimento nei confronti dei nostri genitori, le falsità, il nostro nasconderci. Eravamo in gabbia e questo comportamento non faceva altro che farci sentire in colpa, in un modo e nell’altro; mi faceva sentire “sbagliata” e “malata”, perché diversa. E’ stato all’Università, al momento della scelta della Facoltà che mi sono imposta con mia madre, soprattutto e – coraggio a più mani – ho detto tutto. “Sono innamorata di una ragazza, mamma. Sono ricambiata e sono felice. Andremo a vivere insieme, durante questa esperienza universitaria; l’appartamento che mi hai affittato, ricordi? Quello che mi dicevi di dividere con qualche altra brava ragazza, ecco… L’ho trovata, la brava ragazza”. Ricordo nitidamente l’espressione di mia madre prima e di mio padre, poi, cui mi toccò ripetere ogni singola parola, quando rientrò a casa.Pallidi, scioccati, muti: distrutti. Sembrava avessi detto loro di un mio male incurabile. Oggi, che sono trascorsi tanti anni da quel momento, mio padre è tornato ad essere affettuoso con me; scherziamo, andiamo a bere una birra insieme, qualche volta. Mia madre sempre algida, mi chiede come sto, a cosa sto lavorando, ma lo fa senza interesse, solo per forma. Non sono più la sua figlia modello, quella che pensava di aver plasmato nella carne, appena nata. Sono solo una povera lesbica di cui vergognarsi, nonostante i miei successi lavorativi, il mio essere attiva in tante associazioni a difesa di questo, o quello. Si aggiunga, poi, il mio essere poliamorosa. Quello è un male ancora peggiore, da digerire. So che lei trascorre le giornate a fingere la vita che si è costruita in anni ed anni di mascherate e volgarissimo spreco di denaro. Può sembrarti strano, da come mi esprimo, ma ti assicuro che non la odio affatto. Voglio bene, a mia madre; le sono in ogni caso legata, ma siamo così lontane, che ogni volta faccio un tentativo per avvicinarci, mi sfugge immediatamente, con freddezza e severità. Mi giudica e questo non lo consento a nessuno. Ho provato a proporle un aiuto psicologico, ma mi ha risposto con una risata così sprezzante, da sentire i brividi addosso ancora oggi, quando ci ripenso: “Sei tu, mia cara, ad averne bisogno e lo proponi a me? Io sono normale, IO!”. Nel corso del tempo ho subito anche io discriminazioni, mai violenze fisiche; sono dell’idea che approvare questo disegno di legge potrebbe garantire protezione, sicurezza, riconoscimento dell’identità di genere di ciascuno tra noi. Sai cosa trovo importantissimo? Il poter entrare nelle scuole per parlare di questi temi insieme ai giovani. In quanti, si sentiranno ancora soli, diversi, sbagliati, perché gay, o lesbiche, o trans? In quanti, spinti dall’ignoranza, si sentiranno ancora in diritto di spaventare ed aggredire i loro compagni e compagne, per il loro sesso, per il loro orientamento sessuale, per il loro genere, per la loro identità di genere, per la loro disabilità? Informare ed educare, sono un imperativo per tutt* noi adulti e questa legge consentirebbe di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione, in modo da contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dal sesso, dall’orientamento sessuale, dal genere, dalla identità di genere e dalla disabilità. Cosa c’è, da avere così paura? I diritti lgbtquia+ sono materia di studio nelle scuole scozzesi ed inglesi: cosa c’è di male, nella conoscenza, nel sapere?>>

Devo moltissimo a Robi: una donna di immensa intelligenza (ha voluto tacere, sul suo lavoro, ma credetemi, un vero pilastro per il nostro Paese), che si è dovuta scontrare prima con la famiglia e poi con i pregiudizi e gli stereotipi della società; è molto polemica, su questa mancata approvazione in Senato del Ddl Zan, sei mesi fa circa e ce ne ha spiegato i motivi con grande lucidità.

Emma Ruzzon è una giovane donna, rappresentante degli studenti dell’Università di Padova, che in questi giorni festeggiava i suoi 800 anni e che mi ha sorpresa non solo per la sua grande proprietà di linguaggio, ma per la sua incisività e la sua forza verbale. Ormai diventato un cult, il suo discorso per questa storica occasione, alla presenza del Capo dello Stato e della Presidente del Senato.
<<Parlando di privilegio: mi domando come possa considerarsi libero, un Paese in cui la libertà è garantita nella sua totalità per alcuni e centellinata per altri; in cui i Senatori della Repubblica possono permettersi di applaudire pubblicamente l’affossamento di un disegno di legge che, pure in minima parte, mirava a tutelare la libertà di esistere di persone, cittadini; in uno Stato che continua a chiudere gli occhi, davanti alla sua evidente transfobia, mentre conta il più alto tasso di omicidi di persone transessuali in Europa (…) Se ora, finalmente, voleste chiedere a noi, alla mia generazione (Emma ha 22 anni, ndr) come stiamo, cosa pensiamo, credo che difficilmente potremmo rispondere che ci sentiamo una generazione libera, quantomeno di poter immaginare il futuro. Allora, se permettete, vorrei porvi io una domanda: quale futuro immaginavate per noi trenta o cinquanta anni fa? Noi non siamo il futuro, siamo il presente ed in quanto tale siamo lo specchio di un passato che evidentemente non ha funzionato. Un’altra direzione esiste. Qualora vogliate ascoltarci, ci troverete in ogni momento, in ogni luogo, a partire dalle Università, fuori dalle cerimonie, ma nei nostri spazi condivisi. Care Istituzioni, non chiedete a noi di avere coraggio; noi ci faremo forza, ci uniremo, lo stiamo già facendo. Care Istituzioni, abbiate voi il coraggio di guardare davvero al futuro, cercando di rimediare agli errori del passato; abbiate il coraggio di chiederci come stiamo ed assumervi la responsabilità della risposta. Abbiate il coraggio di ascoltarci>>. Sono incantata, dalle parole di Emma, perché sentite sulla pelle, perché vere, perché assolutamente condivisibili. Ci lasciano l’maro in bocca, ma anche mille riflessioni ed una immensa responsabilità: quella dell’ascoltare, i giovani, nel costruire il futuro.

Genny Falciano è una collega Avvocata eVicesindaca con delega alle Pari Opportunità per il Comune di Terzigno (Na) e venerdì 20 maggio, ha introdotto unamanifestazione fortemente voluta da lei e dall’amministrazione comunale, insieme all’Associazione lgbtquia+ “Pride Vesuvio Rainbow”. Nel suo discorso, chiara l’intenzione del Comune di Terzigno di continuare a sostenere l’associazione, che da quasi un anno gestisce uno sportello ascolto istituito dalla stessa istituzione territoriale, sulla base di un protocollo siglato con “Pride Vesuvio Rainbow”; in piena privacy, mi preme ricordare, che è possibile prendere appuntamento presso lo sportello di consulenza psicologica e legale lgbtquia+ “Codice Rainbow”, ogni venerdì, dalle ore 17.00, alle 19.00, presso il Museo MaTT di Terzigno (Na).
Quel che mi ha fortemente colpita, nel discorso introduttivo di Genny è stata la sua determinazione e fermezza, nel ribadire concetti per molti tra noi basilari, ma difficili da essere “digeriti” da tanti altri, dalla mentalità ancora gretta ed ancorata ad un patriarcato che di danni ne ha fatti e ne fa troppi ancora oggi, nostro malgrado. Immaginate la scena: la piazza praticamente circondata da gruppi di persone, soprattutto uomini, che non si avvicinavano, ma osservavano ed ascoltavano da lontano e Genny ed i suoi interlocutori che con forza sottolineavano l’importanza dell’Amore in tutte le sue forme, del rispetto per la diversità che si fa ricchezza ed unicità. Citando Saffo ed il podcast “The Other Side”, la Vicesindaca ha portato il suo uditorio a sfilar via i paraocchi e ad ascoltare il cuore: perché l’Ammore è di “mille culure” e nessuno può fermare la sua corsa. “Nonostante le difficoltà, si deve continuare; siamo ancora lontani dal vero concetto di integrazione, di diversità come valore, ma noi non ci fermeremo e saremo sempre in prima linea, per difendere la policromia dell’Amore. Continueremo, ciascuno nel proprio piccolo, nel proprio ruolo, a fare informazione e sensibilizzazione sul tema dei Diritti lgbtquia+”. Un momento, questo della manifestazione di sabato scorso, davvero emozionante e vero, perché ad oggi, solo il Comune di Terzigno ha istituito sul proprio territorio uno sportello di sensibilizzazione sui Diritti lgbtquia+; noi dell’Associazione IN ROSA, facciamo anche questo, a San Giuseppe Vesuviano (Na), ma autonomamente, con il nostro sportello legale e di sensibilizzazione, senza il sostegno di alcuna Istituzione. Un plauso enorme, quindi, a Genny Falciano ed all’amministrazione tutta del Sindaco Francesco Ranieri, anche lui collega Avvocato dalla grande lucidità.

Giusto per ricordare… E’ solo il 17 maggio del 1990, che l’OMS ha escluso l’omosessualità dal novero delle malattie mentali; oggi, in ben 11 Paesi del mondo, l’omosessualità è un reato punibile con la morte.
In Europa siamo gli unici, oltre la Polonia e l’Ungheria, a non godere di una legislazione che protegga i diritti degli lgbtquia+, ma i due Stati retti dal governo di Morawiecki (Polonia) e Orban (Ungheria) sono stati definiti autoritari in più occasioni, per il mancato rispetto dei principi fondanti dell’UE (dal non rispettare i diritti delle donne, a quelli della comunità lgbtquia+ e degli oppositori politici) e per questo hanno visto tagliarsi pure i fondi europei… Invece, noi italiani? Siamo davvero omolesbotransfobici? Siamo davvero così vicini a questi due Paesi, fanalino di coda della Comunità internazionale?In parole povere… Da che parte stiamo? Sarebbe bene non solo interrogarsi, ma dare anche una risposta a tutt* quei cittadini che chiedono a gran voce tutela da ogni discriminazione e violenza dovuta a ragioni di sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità. Cittadini che chiedono l’approvazione del DDL ZAN.
Non giriamoci dall’altra parte. Non siamo indifferenti. Siamo tutti connessi. Facciamo sentire forte, il nostro dissenso e la nostra voce. E se un nostro figlio, o figlia, fosse lgbtquia+ ? Cosa vorremmo, per loro? Battersi per tutt* significa battersi per noi stessi.

Vi saluto con affetto e vi do appuntamento a sabato per il LADY IN THE CITY IGTV LIVE TALK e poi qui, tra le pagine web della nostra fantastica RoadTv Italia, per gli ultimi appuntamenti, prima della pausa estiva della mia rubrica.
Grazie, sempre, per il vostro seguirmi così numeros*. Siete nel mio cuore, sempre.