Arzano: si pente Pasquale Cristiano, il boss del corteo in Ferrari

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Pasquale Cristiano, noto per aver dato vita per le strade di Arzano, mentre era ai domiciliari, a un corteo di auto di lusso per festeggiare la comunione del figlio, si è pentito.

Si pente il boss di Arzano Pasquale Cristiano, che divenne noto nel giugno del 2021 dopo aver dato vita per le strade del comune alle porte di Napoli, mentre era agli arresti domiciliari, ad un corteo di auto di lusso per festeggiare la comunione del figlio. Cristiano guidava il corteo a bordo di una Ferrari decappottabile che aveva noleggiato; il rumoroso carosello di auto, organizzato per dimostrare la supremazia di Cristiano sul territorio, fu ripreso in video messi in rete dai familiari del camorrista; tanti i disagi per gli altri cittadini. Qualche giorno dopo, il boss fu condotto in carcere dai carabinieri proprio per la violazione dei domiciliari, essendo stato autorizzato a partecipare alla cerimonia della comunione ma non ai festeggiamenti.

A poco più di un anno da quella vicenda, Cristiano, ritenuto elemento di vertice del gruppo criminale “167”, attivo a Arzano, costola del clan “Amato-Pagano” – come riferito da alcuni media – ha deciso di collaborare con la giustizia seguendo le orme del padre Pietro, che lo ha fatto a fine maggio scorso. Pasquale Cristiano è stato protagonista di una faida che lo ha visto contrapposto a suon di delitti di sangue al gruppo guidato da Giuseppe Monfregolo.

Sulla scelta collaborativa di Cristiano interviene il consigliere regionale di Europa Verde Francesco Emilio Borrelli, che si mostra piuttosto scettico. “Al pentimento di questi soggetti – dice Borrelli – crediamo sempre poco. In ogni caso si tratta di un personaggio estremamente pericoloso che va fermato assieme alla sua famiglia. Ci domandiamo anche se siano intervenuti gli assistenti sociali per salvare il figlio di questo boss da un futuro di criminalità e violenza”.

Borrelli ricorda poi che lo scorso anno denunciò “senza esitazioni il terribile corteo di auto di lusso in giro per la città. Per la pubblicazione del video fummo riempiti di minacce e insulti da parte dei suoi parenti e da quelli che noi definiamo gli utenti della criminalità, che sono sempre più numerosi sui social” conclude.