In piazza! La sfida della società civile

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Secondo il “Rapporto Svimez 2022 sull’economia e la società del Mezzogiorno”, l’incertezza rappresenta una sfida per la società civile

Secondo le anticipazioni del “Rapporto Svimez 2022 sull’economia e la società del Mezzogiorno”, l’inedito clima di incertezza derivato dalla pandemia e dalla guerra mossa dalla Russia all’Ucraina ha cambiato, in particolare al sud, il segno degli eventi in corso: aumento dell’inflazione, compromissione della ripresa, e soprattutto comparsa di nuove emergenze sociali. Ad esempio si riducono i consumi delle famiglie per i beni di prima necessità (più di un terzo al sud, contro il 14,4% del Centro e meno del 13% nel Nord); aumentano del 42% i consumi energetici e i costi di trasporto delle piccole imprese (rischiando di compromettere il mantenimento dei livelli occupazionali), peggiora progressivamente la qualità del lavoro e si diffondono i lavori precari (con conseguente forte crescita del rischio povertà).

Colpiscono i dati relativi ai diritti di cittadinanza, come le infrastrutture scolastiche e il tempo scuola. Al sud il servizio mensa nella scuola primaria è garantito solo al 21% degli allievi (contro il 54% del nord), l’uso di una scuola con palestra al 34% (contro il 46% del Nord); il tempo pieno a scuola solo al 18% (rispetto al 48% del Centro-Nord). Gli allievi della scuola primaria nel Mezzogiorno frequentano mediamente 4 ore di scuola in meno a settimana rispetto a quelli del Centro-Nord (perdendo in un ciclo scolastico intero di 5 anni circa 1000 ore, ovvero il monte ore di un anno di scuola primaria). Numeri che sottendono volti, storie, contesti familiari e sociali in sofferenza, e che chiedono risposta. E’ una richiesta alla politica, certo.

Ma recentemente qualcosa si muove in un’altra direzione. La società civile ha compreso che non si può più “delegare” un rinnovamento a una politica spesso incapace anche soltanto di comprendere il disagio sociale, ma bisogna farsi carico in prima persona e collettivamente del “cambiamento d’epoca – come dice Papa Francesco – in atto.

Ed eccola allora dopo tanti anni scendere in piazza per manifestare il proprio punto di vista. Erano almeno venticinquemila a Napoli il 28 ottobre gli studenti a Piazza Plebiscito a gridare “Pace!”. A Roma il 5 Novembre per “Europe for Peace”, a marciare festosamente contro quella guerra madre di tutte le povertà erano in centomila: associazioni, studenti, lavoratori, famiglie, sindacati, gente comune, senza alcuna connotazione politica. E tanti altri in varie città a testimoniare il ripudio dell’uso delle armi, all’origine di tante dinamiche di impoverimento sociale.

Non un pacifismo emotivo. Ma un messaggio, pur nella complessità della situazione presente, molto chiaro: la pace e il sentirsi responsabili degli altri sono gli indispensabili processi da promuovere e costruire insieme da subito, se vogliamo rendere più vivibili le nostre società e migliori i prossimi anni.