Juve, su quale treno salire?

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Champions e riconferma in campionato, la Juventus è ad un bellissimo bivio. Per alcuni il bivio potrebbe essere in realtà un’unica strada.

Due indizi fanno una prova? Perdere per 1-0 contro due big – Milan e Roma – dopo aver demolito due squadre in Champions, entrambe anglosassoni e con lo stesso risultato, 3-0 – Chelsea e Celtic – a parte far venire un brivido dietro la schiena per tutte queste coincidenze, fa forse capire che la Juventus, allo stato attuale, non riesce a reggere il doppio impegno ravvicinato.

Ci sono due treni, uno è più vicino, è più facile da prendere – sulla carta almeno – quello che porta allo Scudetto. L’altro è velocissimo, fatto di carrozze solo di prima classe e porta sul tetto d’Europa. Si dirà, la Juventus i treni li prende tutti, ha il dono dell’ubiquità. Ma il punto è sempre lo stesso, questa Juve che prima di uno scudetto e di una Supercoppa Italiana, aveva raggiunto due settimi posti, questa Juve che ha ancora nel proprio organico giocatori buoni, molto buoni per sostituire gli eccellenti titolari in Italia, ma che in Europa forse, quando le cose si faranno più serie, non riusciranno a dare le stesse garanzie, questa Juve può prendere entrambi i treni?

Il rischio è che per prenderli entrambi si rimanga a piedi, il primo lo si lascia andare perché le carrozze sono più brutte – ma poi così tanto più brutte? – e il secondo ti accorgi in ritardo che non fa la tua fermata. Lo spirito di sacrificio, la guida tecnica giusta ci sono, ma forse per ambire a due successi nella stessa stagione non basta chiamarsi Juventus, non basta la storia. Forse adesso è meglio concentrarsi sul treno più vicino, poi chissà.

Nessun disfattismo, solo interpretazioni di due indizi che possono fare una prova. Se poi a fine anno la Juventus dovesse mostrare al mondo di avere effettivamente il dono dell’ubiquità e di essere riuscita a prendere entrambi i treni, allora saremmo tutti – beh forse non proprio tutti, diciamo 14 milioni di persone – felici di salire sul carro, anzi sulla carrozza.

 

Michele Longobardi