La cantante israeliana Noa è reduce dalla festa per lo scudetto azzurro: “È stato pazzesco. Napoli per me è uno ‘state of mind’. Uno stato d’animo, un’idea”.
“Odio dirlo, ma non penso che la gente sia toccata a livello emotivo dalla guerra in Ucraina, ma semplicemente perché riguarda le sue tasche. L’Ucraina è una grande risorsa di cibo per il mondo, di risorse naturali, di gas. Perché non si commuovono per le mille altre terribili guerre che ci sono in Africa e in tutto il mondo? Perché quelle non toccano le loro tasche. Non c’è una sola guerra che non meriti attenzione e solidarietà, aiuto e rispetto”.
A parlare è la cantante israeliana Noa, in Italia per presentare la seconda edizione de L’Arca di Noa, il festival da lei ideato che si terrà ad Arona sul lago Maggiore dal 22 al 25 giugno. Quattro giorni di musica per promuovere l’arte e la cultura, ma soprattutto l’uguaglianza, la solidarietà e l’unicità di tutti gli esseri viventi. “L’occasione per ascoltare musicisti eccezionali che non si sono mai esibiti in Italia”.
“La musica è un ponte, una mano tesa, un collante che unisce”, racconta Noa nella hall del suo albergo romano, da sempre attivista per la pace (in Israele in primis) e per i diritti sociali e ambientali, reduce dalla festa per lo scudetto del Napoli. “È stato pazzesco. Napoli per me è uno ‘state of mind’. Uno stato d’animo, un’idea. Rappresenta molte cose: prima di tutto i migranti. I miei vicini in America erano napoletani. E poi Napoli è la flessibilità, l’apertura verso l’esterno. Ci sono tanti tanti problemi, ma la gente non permette che questi uccidano la loro felicità e i loro sorrisi. La società non è schiava dei soldi come in America. La vittoria della squadra è un incoraggiamento per tutti”.
Parlare di immigrazione in Italia oggi non è facile. “In tutto il mondo ci sono problemi con i migranti – dice Noa – I leader dovrebbero mostrare più compassione umana e solidarietà. Cercare un equilibrio: è una sfida, ma non è una questione da risolvere con tutto bianco e tutto nero”.