“Chi non lavora, non fa l’amore”: Italia, lavoro e futuro

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"Chi non lavora, non fa l'amore": Italia, lavoro e futuro

Oggi vorrei portare a galla una tematica ahimè fin troppo attuale in questi ultimi tempi in Italia: parlo del lavoro, della povertà dilagante e dello sfruttamento. Una tematica non proprio “nuova”, ma un qualcosa su cui vale la pena riflettere e far riflettere, sperando che il messaggio che intendo lasciare arrivi anche ai “piani superiori”, ai vertici di chi governa il nostro BelPaese. Diciamo subito che la parola lavoro sembra sia da sempre quasi sconosciuta nel nostro Bel Paese, ed in particolar modo al centro sud, ma, dati alla mano, sembra che lo scenario stia peggiorando notevolmente in questi ultimi tempi. Parliamoci chiaro, al di fuori delle professionalità acquisite che danno chiaramente molte più chance, al giorno d’oggi se non si possiede una buona dose di raccomandazioni, non si va molto lontano. Rispetto ad altri Paesi, europei e non solo, il nostro è ancora orientato verso il favoritismo, la parentela, la raccomandazione … Chiamiamola anche polemica, ma altrimenti non mi spiego come ad esempio tanti laureati ( dotati quindi del classico pezzo di carta, la laurea ) debbano necessariamente emigrare all’estero per trovare veri e seri sbocchi occupazionali. Si dice che i giovani non riescono ad adattarsi al mercato perché non hanno qualifiche adatte o disdegnano retribuzioni diverse dalle quelle pretese. Ma è tutto così semplice? Non proprio, almeno per quanto riguarda le competenze. E’ brutto vedersi soffiare via sotto il naso un lavoro solo perché non sei raccomandato; e poi magari arriva il privilegiato di turno che ti passa davanti, soffiandoti ciò che magari poteva spettare a te …

Ormai parliamo quotidianamente di lavoro, di ricerca di lavoro, di perdita di sussidi … ma porgere l’attenzione verso dei diritti dei lavoratori? Punire imprenditori per niente seri? A questi aspetti chi ci guarda? Dico questo perché non faccio chissà quale scoperta nel dire che esistono lavori sottopagati e da sfruttamento quasi schiavistico. Scusate l’insistenza in certi miei “puntigli”, ma proprio non riesco a star zitto vedendo dilagare le false dicerie di ” italiani fannulloni, ragazzi bamboccioni ” o altre idiozie simili! Ora pongo un esempio, per poter introdurre un altro punto, quello dello sfruttamento, un episodio accaduto in un noto centro commerciale della zona dove abito, un cartello fuori ad un negozio che diceva queste parole: “Cerco commessa dai 18 ai 25. Sono 7 turni settimanali di 6 ore dalle 9 e 15 e dalle 15 alle 21. 42 ore settimanali. 600 euro mensili. Mandare curriculum“. Praticamente una paga di circa 3,50€ all’ora, schiavismo vero e proprio! Ecco, in una situazione economica nazionale non proprio brillante come quella che stiamo vivendo, c’è chi si prodiga a cercare lavoro, chi magari invia curriculum senza mai ricevere una risposta, chi magari prova a bussare le porte di aziende e negozi vari ricevendo offerte ridicole e che quindi è costretto a rifiutare … ma perchè?

Parlo ora di sussidi, reddito di cittadinanza e “occupabili” … uno scenario da incubo! Non so chi abbia ragione oppure no, ma una cosa è molto chiara: il panorama prospettato in piena campagna elettorale da chi attualmente ci governa era quello di cancellare il reddito di cittadinanza, eliminare così i cosiddetti “furbetti”, e dare una mano agli italiani che versano in condizioni di indigenza economica offrendo loro corsi di formazione in ambito lavorativo e poi veri posti di lavoro. Fin qui sembra una favola! Ma alla fine, come cantava qualche tempo fa Mina, erano solo “parole parole parole”. Tutto è cambiato, le parole sono al vento: il Reddito di cittadinanza è stato cancellato a circa 440 mila famiglie circa. Ora vogliono formare i ragazzi ( e non solo ) con appositi corsi di formazione pur non avendo aziende in Italia tali da poter ricoprire la domanda … Ma allora che si fa? Aziende non ci sono, quindi mi sembra stupido fare corsi formativi senza prima creare sbocchi occupazionali; cercare lavoro così, da soli, non funziona perchè in Italia esiste la regola per cui il datore disonesto va avanti lo stesso senza punizioni ma il lavoratore deve perdere i sussidi … E allora? Dobbiamo morire di fame? Questo addio al reddito di cittadinanza ha un sapore piuttosto amaro per tutte quelle persone che si sono ritrovate ad agosto a perdere il sostegno economico, nella speranza di trovare poi lavoro con questi corsi … Un vecchio detto dice “ Chi di speranza vive, disperato muore!” Conclusione? Semplice, dilagherà la povertà più assoluta, e il divario sociale aumenterà sempre di più.

E andiamo a parlare di un ultimo punto, il famigerato salario minimo, una diatriba che sta incontrando non pochi ostacoli in questi ultimi tempi nel nostro BelPaese, un qualcosa che dovrebbe invece risultare naturale in una civiltà come la nostra che si definisce “all’avanguardia”! In Italia, negli ultimi decenni, il numero di lavoratori esposti al rischio di povertà è aumentato sensibilmente. Inoltre il rischio di bassa retribuzione è altissimo, del 53,5% per i lavoratori part-time e i lavoratori atipici. Dai dati Eurostat emerge che in Italia l’11,7% dei lavoratori dipendenti riceve un salario inferiore ai minimi contrattuali, dato ben al di sopra del 9,6% di media UE. E, alla luce di tutto ciò, stanno ancora pensandoci su? Ancora non trovano una via per fare una legge ad hoc sul salario minimo? Possibile mai? Resto basito. Anzi no, un SOS mi va di lanciarlo: Houston, abbiamo un problema.