Napoli è una città più povera di quanto si immagini. Alcuni dati recenti.
Indice di vulnerabilità sociale – 112,20 – più alto d’Italia (Rapporto Openpolis 2023), Provincia a più alta emergenza da disagio sociale(Rapporto Censis 2022).
Stesso numero di persone povere in Campaniac he in tutte le regioni del Nord.Quasi 1 famiglia su 4 nell’impossibilità di fruire di beni o servizi in rapporto al reddito pro capite medio (Dati ISTAT)
Questi dati si amplificano- se possibile –per i 196.044 napoletani over 65 che, soprattutto in alcuni quartieri(Chiaia e Vomero su tutti), crescono con un ritmo superiore alla media italiana, con un indice di vecchiaia metropolitano passato da 93,7 del 2013 a 130,3 del 2022. Si potrebbe dire: più anziani=più povertà.
In Campania, secondo la SPI CGIL Campania,un pensionato su 3vive in povertà assoluta con meno di 490euro al mese. Ciro, 80enne dei Quartieri Spagnoli dichiara: “Sapete che cosa vuol dire vivere con i 490 euro al mese che percepisco? È impossibile! Vuol dire vivere da poveri, cioè privarsi di tutto praticamente“.
Ma a Napoli cresce anche l’incidenza della povertà relativa per le persone anziane sole: dal 7,9% al 13,7(Analisi ISTAT 2023). Sempre più over 65 non riescono a soddisfarei fabbisogni essenziali: alimentari, abitativi,di vestiario, comunicazione, informazione, di movimento sul territorio.
Tutto ciò impatta profondamente sulla c.d. “povertà della salute”, di tanti anziani.
In Campania si registra ad esempio una drastica riduzione della spesa per i consumi alimentari, con un indice di malnutrizione nelle case di riposo tra il 30% e il 60 %! (Dati: Studio “Nutrage” del CNR di Padova e Ministero della Salute). Per non parlare dell’igiene, delle cure mediche e infermieristiche- previste per legge ma assolutamente disattese – in tante strutture fatiscenti per anziani.
Per l’ISTAT in Campania un anziano su 4 èin cattivo stato di salute, con una speranza di vita a Napoli inferiore di 2 anni rispetto al dato nazionale, e di 3 rispetto a Milano.
Gli anziani disabili tra due anni – secondo il Censis– supereranno in Campania le 300.00 unità, con un aumento del 68,4% rispetto al 2010.
Di fronte a questo quadro, la rete complessiva di servizi per la Terza età a Napoli appare del tutto insufficiente, con un ulteriore calo dell’assistenza domiciliare integrata (ADI),che nel 2018 raggiungeva meno del 2% degli ultraottantenni.
Ma emerge anche – in linea con il dato nazionale – una nuova, insidiosissima e silenziosa emergenza-povertà: la presenza massiccia di persone over 74 che vivono sole: in alloggi popolari, con importi pensionistici modesti, spesso insufficienti a far fronte alle spese di affitto e dei consumi. Maria, vedova 89enne che vive da sola al Rione Sanità, tra palazzi degradati e barriere architettoniche, in un “basso” fatiscente,dice: “Chi come me ha una pensione sociale o di reversibilità di 560 euro e ne paga 300 di affitto, ha poi solo 200 euro per comprare le medicine e i beni di prima necessità, oltre a pagare le bollette. Per poter mangiare e comprare le medicine sono costretta a fare debiti. La scelta è:o mangiare, o comprare le medicine”.
Insomma, un mix micidiale di povertà, malattia e solitudine. La carenza di relazione affettive e umane significative ha gravi ripercussioni, attestate da recenti Studi scientifici come quello della Brigham Youth University del 2017,che mostrano“con prove robuste che l’isolamento sociale, la solitudine o vivere da soli aumentano significativamente il rischio di mortalità precoce“; oltre ad avere effetti negativi sulla salute fisica e mentale.
A Napoli l’essere anziani con scarse risorse economiche, in cattiva salute, ma soprattutto isolati, produce una grave forma di povertà: non avere la libertà di scegliere come, dove e con chi vivere la stagione della terza età.E’ una triste condizione che richiede risposte incisive e innovative, nella prospettiva di un superamento del sistema delle residenze per anziani, privilegiando la domiciliarità degli interventi (ADI, cohousing, reti di vicinato).
A Napoli negli ultimi anni si stanno sviluppando esperienze di servizi innovativi per il contrasto dell’isolamento sociale, come il Programma “Viva gli Anziani!” o le esperienze di cohousing della Comunità di Sant’Egidio.E recentemente la Commissione per la Riforma dell’Assistenza Sanitaria e Sociosanitaria per la popolazione anziana, presieduta da Mons. Vincenzo Paglia, ha scelto con determinazione – attraverso una Legge Delega che attende i Decreti attuativi – di intercettare la domanda economica e sociale di tanti anziani spesso soli, con scarse disponibilità e senza aiuto, traducendola in un’offerta di servizi di sostegno, prioritariamente presso l’abitazione e sul territorio.
Ma, come ha detto di recente Mons. Paglia: “E’ indispensabile una nuova cultura verso la popolazione anziana, un cambio di paradigma che valorizzi tutte le persone anziane.Stare vicino agli anziani, sostenerli, aiutarli, fa infatti maturare in tutti un nuovo gusto della vita che investe in umanità e solidarietà. Gli anziani ricevono aiuto da chi, magari più giovane, li sostiene ma anche danno molto in affetto, amicizia, senso della vita. Lo squarcio profondo della spirale povertà-malattia-solitudine degli anziani può essere rammendato non con interventi estemporanei ed emergenziali, ma solo attraverso una rete da tessere, con risposte politiche e sociali “di sistema”. Cioè da un “noi” che veda partecipi e coinvolte in modo condiviso le istituzioni centrali e territoriali, tutte le agenzie sociali, gli operatori della salute, il volontariato, i comuni cittadini.
Un esempio (già realizzato) per tutti. Un’ assistenza domiciliare realmente integrata e continuativa per anziani emalati, consente contemporaneamente: a loro di restare a casa propria, magari con un piccolo aiuto, e alla sanità pubblica – grazie alla conseguente drastica riduzione di ricoveri impropri – di risparmiare preziosi fondi.E’possibile vincere sulle varie forme di povertà degli anziani, ma con risposte “di sistema”. Si può. Un popolo di anziani lo aspetta.