di Bruno Marchionibus
Acerbi assolto per mancanza di prove che permettano di raggiungere una “ragionevole certezza” circa la natura discriminatoria dell’offesa ricevuta da Juan Jesus. Questo il verdetto della sentenza arrivata ieri sul caso che ha tenuto banco negli ultimi dieci giorni su tutte le pagine di cronaca sportiva e non solo. Non sempre, per sua stessa natura, il diritto coincide col concetto di giustizia, come più o meno cantava De Gregori ne “Il bandito e il campione”, ed è parimenti vero che la presunzione di innocenza, l’oltre “ogni ragionevole dubbio” a cui è subordinata ogni sentenza di condanna, è un principio fondamentale dello stato di diritto. La pronuncia di ieri, ad ogni modo, impone alcune riflessioni.
A parere di chi scrive Juan Jesus si è comportato in maniera perfetta in tutta la vicenda. Ha richiamato l’arbitro quando ha ritenuto di aver subito una grave offesa, ha cercato di non infierire lasciando la vicenda al campo dopo le iniziali scuse di Acerbi e ha attaccato lo stesso difensore dell’Inter solamente dopo che quest’ultimo si è’ rimangiato tutto il giorno dopo. Aspetto, quest’ultimo, che tra l’altro non può non essere decisivo dal punto di vista umano nel valutare la condotta di Acerbi.
Non possiamo giudicare la sentenza; è’ evidente anche a un bambino che in maniera estremamente verosimile la versione corrispondente alla realtà sia quella di Juan Jesus e che Acerbi abbia messo una “pezza a colori”, ma se prove chiare al di la’ della testimonianza di Juan non esistono, il giudice non poteva condannare. La cosa su cui riflettere, più che altro, e’ come sia possibile che nel 2024 nel principale Stadio italiano e con decine di telecamere puntate ovunque non esista un filmato in grado di chiarire l’accaduto.
Rimane il fatto che, probabilmente, se Juan Jesus avesse fatto molto più caos, chiedendo immediatamente la sospensione della partita, uscendo dal campo e non dando il tempo all’avversario di elaborare una teoria difensiva, le cose sarebbero andate diversamente. E la cosa più triste di questa vicenda pare essere proprio questa, che poi rappresenta esattamente quello che succede nella vita. Per far valere i propri diritti, se sei una persona perbene, il più delle volte bisogna alzare la voce e farsi sentire, altrimenti la giustizia non e’ mai troppo giusta. E il calcio, nello specifico, sembra sempre meno posto per uomini veri.