“Un’estate al mare, voglia di remare, fare il bagno al largo per vedere da lontano gli ombrelloni-oni-oni …” cantava Giuni Russo qualche tempo fa. Sì, qualche tempo fa era giusto poter intonare queste note, mentre ci si divertiva sulle spiagge italiane tra tuffi e tintarelle da poter mostrare al rientro in ufficio … ma oggi, in una società che (almeno in apparenza) è del benessere economico, non è più così, o almeno non per tutti. In questi ultimi tempi, e in particolar modo proprio quest’anno, nel nostro BelPaese abbiamo toccato quasi il fondo in quanto a povertà: più di un terzo delle famiglie italiane non ha la possibilità economica di concedersi una vacanza, e la percentuale sale ancor di più se si considerano le famiglie con figli. Tanti, troppi sono gli italiani che guadagnano in media poco più di 12000 euro annui (altri ancor di meno, con un tetto mensile di neanche 1000 euro), persone che non sono i fannulloni di cui tanto si parlava fino a pochi mesi fa, o coloro che volevano sussidi dallo Stato standosene seduti sul divano ad oziare, ma persone che si alzano al mattino, lavorano tutto il giorno e tornano a casa sfiniti per essere comunque poveri. Il dato è chiaro, e sotto la luce del sole: non è un mistero che i costi per andare in villeggiatura sono raddoppiati rispetto alle precedenti stagioni, in media si spendono circa 1500 euro settimanali solo per l’affitto di una struttura e/o un villaggio turistico dove poter staccare la spina e poter far divertire un po’ i bambini, senza contare chi ad esempio ha un animale in casa (un cane in media costa 100/150 euro settimanali solo per il soggiorno). E il cibo? Il divertimento? Escluso, quindi inevitabile consumo di almeno altri 500 euro tra vettovaglie e divertimento. Tanto, troppo per un media stipendio così bassa, meglio restare in città. Ecco un’altra nota dolente: chi non può permettersi di partire magari pensa di farsi qualche bagno da pendolare, senza troppe pretese: peggio che andar di notte, come si suol dire. Perchè? Semplice, una giornata da pendolare in un lido privato costa sui 50/60 euro tra ombrellone, lettino e/o sdraio per 2 persone,escluso cibo (la maggior parte dei lidi proibisce addirittura il portarsi cibo e bibite da casa, con obbligo di consumazione al ristorante del lido stesso con prezzi naturalmente stellari, del tutto fuori budget per una famiglia tipo). Tutti costi a cui vanno aggiunti quelli di contorno tipo la doccia, non sempre inclusa, la cabina, il parcheggio ed ancora quegli “sfizi” tipici dell’estate, come il gelato al bar, ma anche il caffè, protagonista di aumenti (e speculazioni da parte di alcuni, aggiungo) nell’ultimo periodo. Per tantissime persone diventa una spesa insostenibile, si preferisce magari fare una spesa (anche minima) al supermercato, garantire il piatto a tavola, piuttosto che farsi succhiare il sangue da speculatori e sanguisughe varie, con l’unico relax di un film da vedere sul divano con la frescura dell’aria condizionata di casa. Pochi giorni fa notavo sul lungomare di Napoli tanta gente che si accalcava sul cosiddetto “lido mappatella” per godersi un po’ di sole e un bagno in un’acqua che definire sporca è dir poco: odore nauseabondo, gabbiani affamati che azzannavano di tutto tra il cibo dei bagnanti e rifiuti di ogni genere lasciati dall’incuria di incivili di turno … eppure, in questo scenario quasi surreale, aleggiava felicità, risate, allegria! Una coppia mi ha fatto riflettere, osservandola attentamente: verso il tramonto, abbracciati, si è lasciata andare ad un attimo di romanticismo, con un bacio che sapeva di speranza, mentre si stringeva la mano, e mentre il loro bimbo continuava a giocare con i castelli di sabbia maleodorante, ignaro della povertà che aleggia sulla propria famiglia, e che l’unica possibilità di giocare a mare per lui è solo al lido mappatella …
Tanti spesso non vedono o non vogliono vedere famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese, o magari padri che soffrono nel vedere i propri figli non crescere come i loro coetanei e che magari nascondono le proprie lacrime nel silenzio. Ecco che si arriva al punto di una povertà cosiddetta d’animo: il non saper o voler guardare oltre, e non mettersi nei panni dell’altro, questo è un aspetto della nostra società che fa ancor più male e miete tantissime vittime, nella strafottenza di chi dovrebbe darci la possibilità di vivere dignitosamente.