Processo Ruby: Il Pm chiede sette anni per Fede, Mora e Minetti

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Sette anni di carcere, questa la richiesta del Pm Antonio Sangermano per Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti, imputati nel processo per il caso Ruby.

Il Pm, nel corso della sua requisitoria, ha parlato di “immaturità e vulnerabilità” di Ruby, e nel descrivere la ragazza e il suo comportamento in aula durante la sua testimonianza, ha spiegato che “Ruby si è contraddetta“, aggiungendo che “l’unico dato certo è che Ruby ha sempre negato di essersi prostituita e di avere avuto rapporti a pagamento con Silvio Berlusconi”.

Emilio Fede e Lele Mora dice Sangermano – come due sodali, saggiavano la gradevolezza delle ragazze, facevano l’esamino per vedere se avevano anche una capacità socio-relazionale e poi le immettevano nel circuito delle serate ad Arcore, un circuito a cui non è sfuggita nemmeno Ruby. Hanno concorso all’intrusione di Ruby nel circuito”Nicole Minetti – invece ha evidenziato il pm – non ebbe solo un ruolo di intermediazione, ma partecipò alle feste di Arcore “compiendo anche atti sessuali retribuiti“.

Ruby – ha spiegato il pubblico ministero circa la presunta trattativa riguardo gli oltre 4,5 milioni scritta sul foglio ritrovato nella sua abitazione genovese dagli investigatori – sapeva che aveva fatto qualcosa per cui poteva chiedere denaro e aspettarsi una ricompensa da Silvio Berlusconi”. “Questo processo – ha sottolineato il pm – é stato dipinto come una farsa e una maxi intrusione nella vita di una persona e i magistrati sono stati dipinti come accaniti spioni”, ma “noi abbiamo adempiuto con onore al nostro dovere istituzionale”.

Sangermano ha ribadito in più occasioni che gli inquirenti hanno indagato “per dovere istituzionale” e basandosisulle prove“. “Abbiamo ricevuto – prosegue – una macroscopica notizia di reato, riguardante una ragazza minorenne che girava per le strade di Milano con pacchi di denaro, che frequentava alberghi di lusso, che viveva con una prostituta e andava a casa di un uomo ricco e potente da cui diceva di ricevere denaro dopo essere fuggita da una comunita. Era nostro dovere di indagare”.

C’é qualcuno – ha detto ancora Sangermano – che, indossando come noi la toga, a fronte delle dichiarazioni di una minorenne, delle oggettive anomalie della notte del 27 maggio 2010, che sentendo Lele Mora dire nelle telefonate di inghindarsi con biancheria intima e la Minetti retribuire le ragazze, c’é qualcuno, ripeto, che avrebbe riattaccato la cornetta e si sarebbe tappato le orecchie senza indagare?. La legge impone di indagare ed esercitare l’azione penale. La legge Merlin è la madre di questo processo”. Il pm ha spiegato che tale legge a “distanza di 55 anni resiste intatta e ha mediato tra la libertà individuale di disporre del proprio corpo e il divieto assoluto di vendere la propria sessualità. L’interposizione di un terzo che istighi e sfrutti l’altrui sessualità non è lecita”.

“Ad altre sedi democratiche spettano i giudizi su Silvio Berlusconi – prosegue Sangermano –  la vicenda di quest’uomo la giudicheranno le urne e la storia, qua si tratteranno i profili comportamentali in relazione alla valenza probatoria in questo processo“.

Immediata la reazione di Silvio Berlusconi sulla requisitoria del Pm Sangermano: “Le argomentazioni utilizzate dai Pubblici Ministeri Milanesi nel processo Ruby, su Minetti, Mora, Fede, in relazione a quanto sarebbe accaduto nella mia casa, sono quanto di più lontano dalla realtà sia possibile immaginare” così ha tenuto a ribadire Berlusconi. “Decine e decine di testimonianze – prosegue Silvio Berlusconi nella nota – hanno asseverato la assoluta normalità delle cene presso la mia residenza e la totale assenza di qualsiasi connotazione men che corretta”.

Attendiamo la sentenza e le sue motivazioni