Campi rom: i fondi mai spesi e l’economia da ghetto

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di Sara Di Somma

Napoli – Il rapporto elaborato e pubblicato dalle associazioni Compare, Lunaria e OsservAzione e dalla cooperativa Berenice lo esplicita chiaramente: segregare costa. La segregazione è quella dei Rom, i costi riguardano quella che, il rapporto, definisce “economia da ghetto”.

Si tratta di un’economia che pesa molto sui bilanci delle tre città italiane esaminate – Napoli con Roma e Milano – perchè circa 100milioni di euro sono stati finora stanziati per la manutenzione e l’allestimento dei campi nomadi presenti in questi territori cittadini. Un’azione che, secondo il rapporto “Segregare costa”, pur essendo stata privilegiata dalle istituzioni, come attuazione di politiche “in favore dei Rom”, si è rivelata fallimentare su più fronti e non risolverebbe in alcun modo le problematiche di integrazione legate alla presenza di nomadi nelle città prese in esame.

Il rapporto “Segregare costa” sottolinea, infatti, quanto la strategia della segregazione sociale e spaziale dei Rom non faccia altro che mantenere inalterata una condizione di violazione dei diritti dei nomadi, che spesso vivono in condizioni igienico-sanitarie inaccettabili – e produrre costi eccessivi per i bilanci comunali. Tra le voci di spesa, infatti, ritroviamo evidenziate nel rapporto la bonifica dei territori, la dotazione di infrastrutture adeguate e la manutenzione delle aree attrezzate, la sorveglianza, l’erogazione di acqua, luce e gas, la prestazione di servizi socio-educativi. Non risultano adeguati gli interventi di formazione e inserimento lavorativo, volti a conferire autonomia ai nomadi che sopravvivono soprattutto grazie all’elemosina e alla carità altrui. Una vera e propria economia che gira intorno al ghetto.

A Napoli, dei 18 milioni di euro stanziati per demolire campi abusivi e allestire nuove aree attrezzate per i Rom, solo una minima parte, pari a 572.274 euro, è stata effettivamente spesa per ristrutturare il centro comunale di accoglienza e supportare l’ex scuola Deledda, che ospita circa 120 persone; mentre, nel periodo del commissariamento per l’emergenza nomadi, il comune di Napoli ottenne dal Ministero dell’Interno fondi cospicui per finanziare tre progetti per nuovi campi nomadi, in favore della sicurezza urbana e della tutela dell’ordine pubblico, ma soltanto un progetto fu concretamente realizzato (il campo in via delle Industrie). I finanziamenti da impiegare per gli altri due progetti sembra siano stati gentilmente rispediti al mittente.
Infine, circa 3milioni di euro sono stati impiegati per ridurre lo stato d’emergenza a Secondigliano, dove sono state effettuate opere di manutenzione all’unico campo autorizzato, denominato Villaggio della Solidarietà, dove sono presenti 700 residenti, in larga parte minori ai quali sono state dedicate attività socio-educative.

Nulla da fare per gli insediamenti abusivi a Gianturco, Poggioreale, via Argine, Barra e Ponticelli. Per non parlare di Scampia, quartiere in cui i Rom costituiscono una percentuale rilevante di popolazione residente sul territorio – naturalmente in campi abusivi. Qui sono stati dirottati ben 7 milioni di euro provenienti dal Fesr per la realizzazione, neppure mai iniziata, di un villaggio attrezzato.

Insomma, i dati contenuti nel rapporto “Segregare costa” impongono una riflessione: “è necessario che le istituzioni cambino del tutto il proprio approccio: non servono soluzioni speciali, temporanee e ghettizzanti” si legge, ma interventi basati su “progetti di inclusione abitativa, sociale e lavorativa finalizzati alla reale autonomizzazione dei rom”. Inoltre, va condotto un vero e proprio lavoro di informazione in favore dell’integrazione: l’opinione pubblica appare, infatti, “per lo più disinformata e spesso strumentalizzata da chi fa della xenofobia, del razzismo e dell’antiziganismo i principali argomenti della propaganda politica”.