di Maria Stella Rossi – Volendo fin da subito chiarire la propria posizione e rassicurare il popolo americano del destino dell’attività federale statunitense, ieri pomeriggio Barack Obama ha parlato alla sua Nazione, affermando che “non smetteremo di pagare le pensioni. L’assistenza ospedalieri a poveri e anziani non cessa. La posta verrà distribuita. Le funzioni che garantiscono la nostra sicurezza saranno preservate, compresi i controllori di volo.”
Successivamente, però, ha dovuto aggiungere parole forti e piene di tristezza: “molti pagamenti di stipendi rallenteranno, così come i permessi di costruzione, compresi quelli nelle aree devastate da calamità naturali. Chiuderanno i parchi naturali, la Statua della Libertà, i musei dello Smithsonian. I reduci militari avranno un’assistenza ridotta.”
Tanto risentimento nelle parole di Obama, che ha tentato il tutto e per tutto per far redimere il partito Repubblicano dalla propria posizione, ma a nulla sono valse le sue parole, neanche definire “irresponsabili” chi stava permettendo lo sfaldamento dell’amministrazione pubblica statunitense.
Oggi, però, è successo. Dopo 17 anni, Washington chiude nuovamente lo Stato Federale.
Allo scattare della mezzanotte ora locale (le 06.00 in Italia), il Congresso ha provocato uno shutdown dopo la mancata intesa sul finanziamento della macchina statale americana. Tristi sono le conseguenze di questo blocco: più di 800.000 lavoratori statali non riceveranno lo stipendio.
Le critiche più dure sono rivolte al partito Repubblicano, considerato ormai l’unico responsabile di questo intoppo dell’amministrazione americana. La battaglia più grande si è combattuta, ancora una volta, sul piano della riforma sanitaria, capace di poter salvare la vita a più di 35 milioni di americani, permettendo loro di poter accedere a quelle cure fino ad allora proibite per la mancanza di un’assicurazione medica.
Tuttavia, forti della maggioranza all’interno del Congresso, i repubblicani hanno tentato di bloccare i finanziamenti all’Obamacare, cercando poi una piccola intesa con gli avversari politici: i fondi sarebbero stati sbloccati a patto che la riforma entrasse in vigore a ottobre 2014 e non quest’anno, come previsto. Per tutta risposta, dai democratici è arrivato il più totale rifiuto a cedere a questo ricatto.
La frattura ormai c’è, gli Stati Uniti sono in caduta libera in un burrone apparentemente senza fondo e le conseguenze di questo shutdown si faranno sentire, in particolar modo sulle spalle dei cittadini americani, che hanno visto anteporre alle proprie esigenze di esseri umani dei meri interessi politici.
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01/10/2013