C’è polemica, a Scampia, intorno all’intitolazione dello stadio Comunale di via Pratt. Un luogo di divertimento, ma soprattutto di partecipazione e socialità, uno dei pochi nel dimenticato (dalle istituzioni) quartiere della periferia Nord di Napoli. Un tempio del riscatto per molti giovani di Scampia, che alla memoria di un giovane è giusto che sia intitolato.
Ma in un quartiere che più degli altri ha pagato il suo tributo di sangue, vedendo morire tanti suoi figli, vuoi per mano criminale, vuoi per mano di un caso avverso, oggi ci si trova dinanzi a una scelta difficile. Sull’onda della commozione e della rabbia per la morte di Ciro Esposito, il tifoso napoletano ucciso a Roma, Angelo Pisani, legale della famiglia Esposito nonché presidente della VIII Municipalità aveva annunciato a gran voce l’intitolazione dell’impianto di via Pratt alla memoria del giovane tifoso. Riscuotendo il plauso dell’intera comunità (la parte più bella, sana, onesta) di Scampia, stretta intorno al dolore della famiglia di Ciro. Oggi però quel gesto di solidarietà e di onore alla memoria di Ciro rischia di trasformarsi in un’offesa al dolore di un’altra famiglia, quella di Antonio Landieri, vittima innocente di criminalità.
La storia di Antonio, disabile ucciso dalla camorra e infangato dai media
Antonio aveva 25 anni quando fu ucciso. Era il 2004; Antonio era disabile, camminava con difficoltà. Antonio, a Scampia, lo conoscevano tutti. Lo chiamavano ET, un modo affettuoso di prenderlo in giro per quella sua camminata un po’ strana; ma lui non se la prendeva. Non era un’offesa; non c’era dietro nessuna discriminazione. A Scampia, tutti gli volevano bene. Antonio fu ucciso un sabato pomeriggio, in un agguato ai Sette Palazzi durante la faida di Scampia. Fu l’unico a morire, perché le sue gambe malferme non lo ressero al momento della fuga. Lui e i suoi amici erano stati scambiati per un gruppo di spacciatori del rione; una convinzione che ha accompagnato anche dopo la memoria di Antonio, vittima della camorra prima e della malainformazione poi, che anche dopo la sua morte ha continuato a dipingerlo come un criminale, pericoloso narcotrafficante in contatto con i colombiani. Antonio fu seppellito in gran silenzio, come un boss; nemmeno i cugini ebbero accesso al suo funerale. Da quel 6 novembre di 10 anni fa la famiglia lotta per restituire ad Antonio quella dignità che prima le pistole, poi le penne dei cattivi giornalisti, gli hanno sottratto.
La raccolta di firme ignorata dalla Municipalità per intitolare lo stadio ad Antonio
L’ultima azione in cui la famiglia di Antonio, supportata dall’Associazione Vo.diSca., Voci di Scampia, fondata dal cugino Rosario Esposito la Rossa, e dal Coordinamento Campano Familiari Vittime Innocenti di Criminalità, si è impegnata è stata proprio una raccolta di firme per chiedere l’intitolazione dello stadio comunale, dove Antonio amava andare, alla memoria di questo figlio innocente di Scampia. La famiglia afferma di aver consegnato le firme alla VIII Municipalità una volta raggiunto il numero legale. Ma stando alle dichiarazioni del presidente Angelo Pisani, quelle firme in Municipalità non sono mai arrivate.
La famiglia Landieri: “Non toglieteci la dignità: vogliamo la doppia intitolazione”
La famiglia Landieri, da parte sua, nel rispetto della memoria di Ciro Esposito, chiede che venga fatta una doppia intitolazione. A suo sostegno l’assessore Alessandra Clemente, che promette di “impegnarsi personalmente per tenere viva la memoria di Antonio”. Ma Pisani pare titubante. La speranza è che si trovi al più presto un compromesso. Perché Antonio e Ciro sono tutti e due vittime innocenti di un fato avverso mosso da una mano criminale. Sono tutti e due figli di Scampia. E la loro memoria non merita di essere oscurata da alcun sentimento di rancore.