Ciro Esposito: siamo sicuri che sia morto da eroe?

Perché il Caso Ciro Esposito invece di chiarirci le idee ci disorienta? Perché questa petizione per rimuovere il prefetto di Roma? Ciro Esposito era una vittima assoluta o un relativo carnefice? Bisogna ritornare ad abbassare i toni e fare chiarezza.

0
780

Ritornando a leggere il vasto numero di articoli, di puntate e interventi televisivi, in maniera del tutto trasversale e senza farsi orientare pregiudizialmente da una testata invece che da un’altra, il caso Ciro Esposito, in base anche agli ultimi sviluppi, non convince, non è lineare, sta creando più dubbi di quanti ne risolva, e ciò che è più paradossale, non si sa più chi sia la vittima e chi sia il carnefice.

Non convince soprattutto la versione ufficiale, l’interpretazione dei familiari della vittima, le dichiarazioni di contorno delle istituzioni locali, nazionali, e della Prefettura ad esempio, (che hanno cavalcato sin dagli inizi la cosa per fini diversi); siamo veramente convinti che Ciro sia stato un eroe?

Siamo veramente tutti convinti che Esposito sia stato ucciso nel tentativo di soccorrere un bus di tifosi o è morto durante una rissa tra violenti? Se quest’ultimo avesse avuto semplicemente la peggio in uno scontro che si sarebbe rivelato poi impari, in relazione alla mano armata a fuoco di De Santis, saremmo così favorevoli a condividere le dichiarazioni dei familiari e del primo cittadino napoletano per una medaglia d’oro al valore civile? E poi nessuno, nel dibattito pubblico, ritratta l’episodio cercando di integrare una qualsiasi prospettiva a più livelli di indagine.

Tutti continuano ad essere come assuefatti, a proporre ricette di sicurezza e polizia quando le cause che hanno portato a tutto ciò sono di natura sociale e di autorità. Si preferisce accusare il prefetto di Roma invece di chiamare ad escutere la classe politica, e le istituzioni nazionali e comunitarie, che gestiscono la crisi del nostro paese.

Questi sono interrogativi scomodi, scabrosi, anche perché non si può negare quanto sia diventata pericolosa l’arena mediatica, dove addirittura si danno inizio a campagne “popolari” e a petizioni sulla rimozione del prefetto, e del questore, di Roma. In una situazione di tale caos non si sa più usare la ragione, si è come disorientati davanti a questa escalation di violenza diffusa, a parole e a opere.

All’iniziativa dell’Associazione “Ciro Vive” si sono accodati il presidente e l’assessore della X Municipalità e il presidente della Commissione regionale anticamorra, i quali stamane si sarebbero dovuti riunire a Fuorigrotta per convenire a come condurre la raccolta firme per chiedere la destituzione del Prefetto e del Questore di Roma, riunione poi rimandata per la concomitanza con i funerali di Davide Bifolco.

Dall’immediato post-sparo sino alla morte del ragazzo le versioni principali si attestavano sul fatto che Ciro Esposito era stato sparato dal De Santis, il quale inaugurò la rissa e apri il fuoco. Tutto il materiale disponibile fino ad oggi convalida questa ipotesi.

Ora ciò che non quadra è la questione secondo la quale Esposito sia stato ucciso a priori e che non sia stato coinvolto in alcuna rissa, o almeno che l’intento di Esposito, di partecipare a quest’ultima, obbedì solo a finalità di solidarietà e soccorso; con la convalida acritica di dichiarazioni del genere non si rischia di camminare sui carboni ardenti? Costruendo le ipotesi d’indagine intorno a tali considerazioni non si rischia di perdere lucidità? Siamo sicuri che il giovane napoletano sia morto da eroe o come chi asseconda una iniziativa sin dall’esordio violenta e illegale?

Non si capisce come mai un dibattito critico e giornalistico interpretativo non sia seguito alle accuse dei parenti nel momento della sopraggiunta morte del povero ragazzo nel letto dell’ospedale, alle proposte del sindaco di Napoli per una medaglia d’oro al valore civile, e adesso che, addirittura, si vuole una petizione per rimuovere questori e prefetti.

Il caso Esposito continua a ingarbugliarsi, ad essere piegato in base alle esigenze mediatiche del momento. La cosa che più inquieta è che dietro a questi fenomeni si perdono facilmente i punti di domanda principali, ci si distrae, e pur essendo consapevoli del caos si continua a percepire una specie di format che si ripete, retro-agisce  gli eventi; forse per nascondere responsabilità di caratura più elevata della classe politica e delle alte sfere dello stato? Che la stagione di delegittimazione delle autorità porti al disordine si sa, ma un maggior impegno affinché si mantenga ferma la ragione, e si conduca il più democraticamente possibile questa transizione, non sarebbe una strada migliore?

Come abbiamo detto all’inizio, la problematica è scabrosa.