Lady in the city: ”Meglio morto, che pentito”.

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Lady in the city: ''Meglio morto, che pentito''.Lady in the city

Rubrica di Eliana Iuorio

Accade a Castellammare di Stabia, Comune del vesuviano, dove altissima è la presenza e l’interferenza camorrista.
Quella frase stampata rigorosamente in un bel nero seppia, disponibile su una t-shirt in ben quattro colori, campeggia(va) indosso un manichino dall’aspetto tutt’altro che contento, in una vetrina del centro della città.
Dieci euro. Tanto, vale(va) la dimostrazione di sudditanza.
Sembrerebbe una di quelle grottesche storie surreali, raccontate per far venire i brividi all’incauto interlocutore.
A cornice delle tante vicende criminali che assediano il nostro quotidiano.
Niente a che fare, con la genialità di Pirandello.
Ed invece è realtà.
Questa, la risposta di un commerciante “sciacallo”.
Essì. Perché solo poche ore prima, a Castellammare, in scena, è andata la realtà.

Salvatore Belviso, un detenuto di 28 anni, sposa in carcere una donna, sua compaesana.
Tutto vero e tutto normale.
Ma Salvatore Belviso è un killer di camorra, legato anche da vincoli di parentela a quel clan D’Alessandro che due anni prima, gli intimò di “far fuori” un consigliere comunale, tale Luigi Tommasino, a sua volta “reo” (dicono le indagini e le intercettazioni) di essersi intascato trentamila euro che spettavano al clan, cui fungeva da intermediario per affari relativi ad appalti e rifiuti.
La notizia della cerimonia nuziale, nonostante quanto premesso, mostrerebbe il sapore della cronaca rosa e mal si coniugherebbe con le vicende giudiziarie dello stesso Belviso.

Se concludessi qui, il mio resoconto.

Tre giorni fa, il quotidiano Metropolis, sta per uscire con un pezzo su questo “matrimonio”, ma nel riportare la notizia, fa riferimento ad una presunta “collaborazione” dello sposo con la Giustizia.
“Pentito?”
Manco a leggere il seguito; immediatamente, parte una delegazione di persone e parenti, alla volta della redazione e delle edicole della città.
Portatori di un unico, minaccioso, messaggio. Che il giornale non si venda.
Arrivano ad intimare agli edicolanti della città, di ritirarlo.

Grottesco, l’ho definito.
Ma faccio presto a correggermi: si tratta di un atto “gravissimo e pericoloso”.
Con il potere dell’omertà imposta con la violenza (verbale o fisica che sia), la camorra si inserisce nell’informazione, pretendendo di “gestirla”.
Ancora.
Non si può, far finta che nulla sia accaduto.
Ed occorre esser vicini ai giornalisti di Metropolis, per lanciare un segno preciso.
E mostrare da che parte sta, la società civile. Stigmatizzare l’episodio.
Altro, che magliette!

Per il clan sarà un’onta imperdonabile, il “collaborare con la Giustizia”.
Ed il Belviso pare non l’abbia preso in considerazione, al momento.
Ma bisognerebbe spiegare a queste “persone”, che esiste il diritto di replica.
E l’errata corrige: uno strumento ancora validissimo.