La musica è un viaggio. Parla la lingua dei popoli. La musica è carne, è sangue. La musica è il Sud. Un Sud impastato con la terra scura e umida che rimane sotto le unghie, con le lacrime di briganti e puttane, oppressi e sconfitti, sconosciuti dimenticati, le cui anime urlano dai meandri del tempo e il cui ricordo rivive attraverso le pelli tese di tammorre antiche, sulle note di vecchie chitarre battenti. E di nuovo la loro storia torna a parlare.
Questa è la musica. La musica dei Via Nova, una giovane e umile formazione di musicisti campani il cui merito più grande è quello di recuperare storie mai dette e perciò dimenticate e dare voce a quanto a forza siamo stati costretti a dimenticare. Noi, i briganti di un sud stuprato e asservito al Bel Paese.
E quale luogo poteva meglio ospitare la messa tutta profana di questi artisti se non il Teatro di Contrabbando di Fuorigrotta? Uno spazio che si prefigge di contrabbandare l’arte in tutte le sue forme e manifestazioni, dal teatro alla musica, e farlo nelle viscere stesse della terra. Del tufo.
Illuminati dalla tenue luce delle candele, i Via Nova (Giuseppe Iovane, Antonio Copertino, Salvatore Liguori, Andrea Carboni e Antonio Coletta) trascinano dolcemente il pubblico attraverso un viaggio che parte dal Regno delle Due Sicilie, passa per Napoli, per la Calabria e la Sicilia in un eterno andare e venire dal passato al presente, dalla leggenda alla realtà. Un unico filo conduttore, racchiuso nel celebre verso di Eugenio Bennato: “Ommo se nasce, brigante se more”. Una musica ricca e catartica come può essere quella semplice e viscerale dei canti popolari e delle tarantelle, che non esalta né glorifica o idealizza. Semplicemente racconta. A chi vuole ascoltare.
Valerio V. Bruner