Lady in the city: “Lo strano caso di Castellammare di Stabia”

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Lady in the city: "Lo strano caso di Castellammare di Stabia"

Lady in the city

Rubrica di Eliana Iuorio

E’ una notte fredda, quella che mi conduce a Castellammare.
Una sigaretta accesa, a farmi compagnia; fumata con lo sguardo al cielo buio, dal quale fanno capolino poche stelline palpitanti, terrorizzate dalla ferocia di un tempo che le consumerà presto, inghiottendole in un buio ancora più fitto.
Le stelle non conoscono il giorno.
Né le umane vicende e miserie, sebbene siano in tanti, ad affidargli i propri desideri.

Una vera fortuna, per questi astri, scomparire al mattino. Ne ho provato invidia.

Salvatore Belviso collaborerà con la Giustizia. E’ notizia quasi ufficiale.
Ricorderete tutti, l’irruzione-raid di qualche tempo fa, nella redazione di Metropolis: familiari del Belviso, legati al clan D’Alessandro, ebbero a “consigliare” di non distribuire il giornale e di ritirarne le copie già in circolazione, dalla vendita.
“Rei”, gli ottimi cronisti del giornale stabiese, di aver scritto la verità, nella notizia pubblicata.

Detta così, farebbe ridere di gusto. Surreale – si direbbe –
Pensate: donne ed uomini, che battono a tappeto la cittadina, allo scopo di impedire che si legga su un giornale (uno di quei quotidiani seri, che fa inchiesta a trecentosessantagradi), che il cavallo di razza del clan, colui che è in carcere perché accusato di avere ucciso Gino Tommasino (ex consigliere comunale di Castellammare, in odore di legami con tali predetti signori della camorra locale), prende la via della collaborazione con lo Stato (che il “pentimento” è altra cosa ed attiene ad un aspetto diverso, più profondo, della coscienza di ciascuno).
Pensate a questa squadra di persone che gira la città, cercando di intimidire e minacciare con la sola presenza (in un paese ci si conosce tutti!), l’incauto giornalaio che si appresta a vendere una verità, che nel linguaggio camorrista assume il vile marchio d’infamia.

La violenza imposta con l’intimidazione.
E no, che non fa ridere.

Ebbene, in questa stessa città, dove a briglie sciolte, gente come questa è libera di girare indisturbata, a minacciare giornalisti intenti a svolgere esclusivamente (e più che egregiamente), il proprio lavoro, e cittadini inermi, quegli edicolanti che con grandi sacrifici affrontano il quotidiano per guadagnarsi il pane con onestà, tuona la voce forte e decisa di don Michele di Martino, parroco della Chiesa del Carmine.

Un novello don Peppe Diana – vi chiederete –
Macchè.
Un tutore dei costumi e della moralità, in difesa delle famiglie e dei minori che sono stati costretti, loro malgrado, a subìre l’indicibile!

Violenze, abusi, maltrattamenti?
Niente di tutto ciò.
Un manifesto pubblicitario, fu.
A pochi passi dalla Chiesa.
Una bella ragazza nuda (i soli capelli a coprirle i seni e la mela a nascondere altro), cinta da un serpente: pubblicità di una nuova linea di abbigliamento.

Il sacerdote ha pensato bene di attirare l’attenzione sul grave attentato alla morale pubblica che si stava consumando sotto gli occhi di tutti, domenica scorsa a Messa, dicendosi “infastidito dal silenzio assordante al quale ci siamo assuefatti per tutto, anche per una linea di abbigliamento che si reclamizza con modelle nude e messaggi subliminali contro la fede”.

Ora – mi sono chiesta –
In una città dove domina il potere e la mentalità camorrista; dove c’è racket, droga, corruzione, collusioni di ogni genere e livello tra mafia e società civile; dove solo pochi giorni fa, è accaduto quanto di peggio non poteva accadere (con i guappi in giro a spadroneggiare e spaventare chi compie solo il proprio lavoro).. quanti argomenti, quali vicende, quali soprusi avrebbe potuto denunciare don Michele di Martino, dal pulpito della sua parrocchia?

Parla di silenzio assordante, don Michele.
E non mi risulta affatto si sia minimamente espresso, in merito al raid camorrista a Metropolis.

Nel consumare l’ennesima sigaretta, guardo ancora le stelle, e penso a don Aniello Manganiello, don Giacomo Panizza, don Luigi Ciotti (nella foto), don Tonino Palmese, ai tanti preti di prima linea che vivono il Vangelo nel pieno del suo significato. Calati in questa realtà e non in quella descritta dal Guareschi.
In un tempo ove la camorra e le mafie pervadono il tessuto sociale, ove la voce di un uomo di Chiesa può rappresentare un segnale di speranza, di cambiamento, di sostegno importante, per mutare quella strada che in certi quartieri può segnarti sin dalla nascita.

Don Michele, si guardi intorno: oltre la bella Eva del manifesto.
E la prossima domenica, salito su quel pulpito, parli alla sua gente di riscatto, di indignazione.
Li prenda per mano e li conduca verso la Libertà.

“Per amore del suo popolo”, Lei, che parla di “silenzio assordante”: non taccia.

 

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