La pensione anticipata è un trattamento pensionistico che da ormai tre anni sostituisce la pensione di anzianità. E’ uno strumento utile a tutti coloro che hanno raggiunto il perfezionamento del requisito contributivo, ma non di quello anagrafico, e che quindi vogliono ritirarsi dalla vita lavorativa. Generalmente dopo decenni di esperienza professionale si è ormai diventati in grado di mettere da parte dei risparmi e di investirli nel modo in cui si meglio crede. Ad esempio, si possono mettere i conti deposito presenti sul mercato a confronto, per capire cosa fruttano, quanto costano e se sono adatti alle proprie esigenze.
La Quota 100
Ma stando le cose come sono oggi, è sempre più difficile tenersi in tasca qualcosa e pare che il discorso della pensione anticipata non contribuirà in questo senso. Vediamo come funziona. Se verrà approvata la proposta del presidente della Commissione Lavoro Damiano, la Quota 100 consentirà a tutti coloro che raggiungono la soglia 100 sommando età anagrafica e contributiva di andare in pensione. L’unico limite della Quota 100 riguarderebbe solo la combinazione 60 anni di età e 35 di contributi. Fin qui non ci sono problemi.
La penalizzazione
Ma c’è una penalizzazione. Chi infatti decide di aderire alla pensione anticipata senza aver compiuto 62 anni di età subirà un taglio del 2% sull’importo pensionistico relativo ad ogni anno di anticipo rispetto ai 60 e dell’1% per ogni anno tra i 60 e i 62. Questo tipo di penalizzazione sulla pensione viene calcolato in base al sistema retributivo.
Il periodo di sospensione
Oltre a questo, se l’età del lavoratore al momento della richiesta di pensionamento anticipato non è interamente espressa in anni, è necessario calcolare la riduzione percentuale in base alla somma del numero di mesi di età e degli anni già raggiunti. Il lato positivo di tutto questo è che la penalizzazione non investirà coloro che non hanno raggiunto i 62 almeno fino al 31 dicembre 2017, in quanto è stata disposta la sua cancellazione dal 1 gennaio 2015 appunto al 31 dicembre 2017.
L’integrazione alle pensioni minime
Un famoso proverbio dice che bisogna dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte e nel caso delle pensioni è proprio calzante. Infatti, se passiamo a parlare delle pensioni minime, ci rendiamo conto che se si fa un passo avanti se ne fanno altri cento indietro. Se fino ad oggi chi riceveva una pensione minima si vedeva corrisposta dallo Stato anche un’integrazione, come previsto dalla Riforma Dini del 1995, chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995 si può dimenticare di questa Riforma, in quanto verrà abolita.
Lo scenario futuro
Quindi i lavoratori tra i 30 e i 40 anni difficilmente riceveranno una pensione superiore al 60% della propria retribuzione. E se si pensa ad uno stipendio di 1000 euro al mese, la proiezione oscilla tra i 343 e i 542 euro per un lavoratore dipendente, mentre si scende a 283-449 per un autonomo.