A Napoli la prima famiglia di rifugiati ucraini trova casa a Quarto

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E’ ospitato, presso il centro Regina Pacis di Quarto di don Gennaro Pagano, il primo nucleo familiare composto da madre, padre e bambino fuggiti dall’Ucraina.

E’ ospitato, presso il centro Regina Pacis di Quarto di don Gennaro Pagano, il primo nucleo familiare composto da madre, padre e bambino fuggiti dall’Ucraina. A coordinare la rete di accoglienza dei profughi, il Comune di Napoli. “Napoli diventa protagonista dell’accoglienza del popolo ucraino su tutto il territorio regionale – ha affermato l’assessore alle Politiche sociali Luca Trapanese – garantendo un aiuto specifico ad ogni persona.

Nella sistemazione delle famiglie in arrivo dall’Ucraina il Comune di Napoli valorizzerà prima di tutto gli enti ecclesiastici e le comunità. Il Pio Monte della Misericordia ha messo a disposizione a Bacoli un’intera struttura già operativa per sei nuclei familiari con bambini disabili o che hanno bisogno di essere ospedalizzati. Per gestire i casi di emergenza renderemo operativa anche la nostra struttura di Marechiaro”, ha aggiunto Trapanese. “Il Comune ha predisposto la struttura di Marechiaro per l’accoglienza, ma – ha spiegato l’assessore – si spera di usarla come ultima istanza perché si prediligeranno altre forme di ricollocazione, calibrate caso per caso sulle esigenze delle persone in arrivo. Sono prevalenti, infatti, i casi di ricongiungimento con familiari già residenti in città, tenuto conto che a Napoli risiede la più grande comunità ucraina d’Europa (25mila residenti nella sola città di Napoli e 12mila nell’Area metropolitana) e, trattandosi di una comunità molto coesa e organizzata, per il momento la maggior parte degli arrivi viene gestita in questo modo, stanno tuttavia iniziando ad arrivare persone che non sanno dove andare”.

Sul form (https://www.comune.napoli.it/aiuto-ucraina) creato per le iniziative di sostegno alla popolazione ucraina, Trapanese ha spiegato che l’amministrazione comunale “non accetta abiti, alimenti o giocattoli, ma solo medicine e la disponibilità di psicologi e mediatori culturali”.