Categories: Cronaca

A proposito di Polizia

Le chiare parole del Presidente della Repubblica in ordine agli episodi – che sono diventati troppo frequenti – di interventi “muscolari” da parte di poliziotti in manifestazioni politiche devono anche rappresentare uno stimolo a riflettere su cosa è successo negli ultimi decenni nel comparto sicurezza del nostro Paese.
Certo, il Governo attuale ha creato un clima di forte diffidenza e ostilità nei confronti di coloro che esprimono dissensi, critiche. E questo va fortemente contrastato con le modalità democratiche e pacifiche. Ma va dato una sguardo anche e soprattutto ai processi involutivi che hanno riguardato gli apparati di sicurezza e alle loro rappresentanze sindacali.
Essere un operatore di polizia in uno Stato Costituzionale comporta una consapevolezza della estrema delicatezza della funzione che si esercita. A questo proposito, occorrerebbe recuperare lo spirito profondo dei valori che hanno promosso e accompagnato l’ epica stagione del movimento dei “poliziotti carbonari”. Quel movimento – non a caso sostenuto dai sindacati confederali, dai partiti di sinistra e da numerosi intellettuali – si nutriva non solo della necessità di ottenere dei diritti per i lavoratori in divisa, ma dalla inderogabile opportunità di impostare in modo moderno e democratico i rapporti tra i tutori dell’ ordine e il resto della cittadinanza.
La legge del 1981 che smilitarizzava e sindacalizzava la Polizia di Stato, fino a quel momento denominata “Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza”, doveva costituire un modo radicalmente diverso di esercitare l’ attività volta a garantire la sicurezza e la gestione dell’ ordine pubblico.
La sicurezza doveva trasformarsi in sicurezza democratica, vale a dire che l’ attività di polizia doveva essere svolta in un contesto di collaborazione con i cittadini non in divisa, mettendo fine a una separatezza tra questi ultimi e quelli in divisa.
Un principio cardine che doveva valere anche per la gestione del menzionato ordine pubblico.
Indubbiamente è stata fatta molta strada in direzione di ciò, ma troppo frequentemente affiorano rigurgiti relativi a comportamenti repressivi non in linea con una Polizia democratica.
Se ci sono degli effetti, ci sono delle cause e, pertanto, non ci si può limitare ad esecrare lo specifico episodio. Occorre una visione complessiva e questa ci fa vedere una serie di scelte culturali, politiche, legislative sbagliate che hanno fortemente indebolito la carica innovativa che fece maturare la legge di riforma del 1981.
Intanto, quel processo di riforma restò incompiuto perché gli altri Corpi di Polizia restarono a ordinamento militare. Solo dopo alcuni anni furono smilitarizzati la Polizia Penitenziaria e il Corpo Forestale dello Stato. Quest’ ultimo fu sciaguratamente rimilitarizzato dal Governo Renzi accorpandolo nell’ Arma dei Carabinieri.
Inoltre, il delegare tutta una serie di problemi non efficacemente affrontati dalla politica a una questione di Polizia non fornisce vere soluzioni ai problemi stessi. Basti pensare al grande tema della immigrazione, ma si potrebbero fare tanti altri esempi.
Ma quello che ha prodotto una seria involuzione è stato il sindacalismo corporativo, il mero sindacalismo di bottega che si interessa solo delle specifiche questioni inerenti il personale e, quindi, un sindacalismo che alla fine ha coltivato la separatezza e non il suo superamento.
Non è un caso che in questo primeggiano i sindacati con forti simpatie verso la destra politica e, spesso, sostenuti fortemente da questa parte politica.
Certo che occorre tutelare anche una serie di diritti dell’ operatore di polizia, ma il lavoro di quest’ ultimo – in un contesto democratico – non può e non deve mai essere disgiunto da un sano rapporto con la cittadinanza.
Non esito a definirlo un rapporto empatico. Nell’ esercizio della sua attività, il tutore dell’ ordine democratico deve avvertire la sofferenza di chi gli sta di fronte.
Infatti, Luciano Lama sosteneva che il sindacato di Polizia doveva essere un sindacato di servizio.
Nei corsi di formazione per il personale non si insegnano in modo adeguato i principi della nostra Costituzione alla quale tutti devono incessantemente ispirarsi.
Un’ altra seria involuzione è stata quella di fare entrare per molti anni nei Corpi di Polizia solo persone che erano nell’ Esercito ovvero persone formate per eventi bellici e non per funzioni di polizia in tempo di pace.
Questo ha rappresentato una vera e propria rimilitarizzazione della Polizia. Solo da poco sono stati riaperti anche ai civili i concorsi per le Forze di polizia.
Le Forze di polizia hanno bisogno di un continuo apporto di persone con un bagaglio personale e culturale costruiti fuori dalle Amministrazioni a tutti i livelli. Queste nuove energie possono costituire un volano di rinnovamento per gli apparati burocratici prigionieri di una certa staticità.
Per non parlare dell’ età media eccessivamente elevata dei poliziotti, carabinieri e finanzieri e delle insufficienti assunzioni che da molti anni sono state fatte.
L’ attenzione a queste tematiche deve essere costante e non svegliarsi solo quando accade il sorpruso e, dopo un pò, spegnersi cessato l’ impatto mediatico.
Forniamo tutti, a partire dal legislatore, gli strumenti formativi, culturali, tecnici, logistici ai tutori dell’ ordine la cui stragrande maggioranza vuole fare bene il proprio lavoro.

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Vincenzo Vacca

Sono un artigiano della scrittura. Provo a scrivere non per un desiderio estetizzante, ma per un bisogno di provare a sollevare dubbi. Le certezze esibite mi inquietano. Mi ritengo un uomo che fa domande e mi incuriosiscono le risposte che, in genere, non mi soddisfano.

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