L’allarme arriva direttamente dal professor Francesco Sabatini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca, in un articolo pubblicato sul periodico ‘La Crusca per voi’, in cui sostiene la necessità di rafforzare la conoscenza e l’insegnamento della lingua italiana nella nostra scuola. “A ogni cambio di ministro dell’Istruzione ci aspettiamo, da decenni, che negli annunci delle nuove linee di politica scolastica ci sia almeno un accenno alla necessità di migliorare l’insegnamento dell’italiano. Veniamo delusi sistematicamente. Eppure, i rilevamenti compiuti da diversi organismi internazionali segnalano ripetutamente che la popolazione italiana nel suo complesso è molto indietro, rispetto a quella di altri Paesi sviluppati, in fatto di padronanza della lingua primaria”.
“Se non vogliamo credere alle indagini internazionali, ascoltiamo direttamente i vertici di taluni ordini professionali di casa nostra (del vasto campo forense, per esempio), che invocano provvedimenti urgenti per rimediare alle profonde lacune linguistiche che a ogni tornata di concorsi di abilitazione emergono negli elaborati dei candidati – osserva Sabatini, autore di un noto vocabolario della lingua italiana – Le indagini del nostro Invalsi completano il quadro con la segnalazione dei bassi livelli generali delle nuove generazioni e dei forti squilibri nei risultati secondo le aree geografiche, specie nella scuola secondaria”.
“Queste condizioni, a un secolo e mezzo da quando scoprimmo che avevamo in casa circa l’80% di analfabeti e un buon 90% di non italofoni, non possono non dipendere, per la massima parte, dal debole, inefficace, disordinato insegnamento scolastico dell’italiano finora impartito”, argomenta l’illustre storico della lingua italiana.
Secondo il presidente onorario dell’Accademia della Crusca “c’è moltissimo da rivedere” nel campo dell’insegnamento scolastico dell’italiano: “infinite volte si è detto che il primo dei fattori di questo insuccesso è nella formazione universitaria inadeguata degli aspiranti docenti, tradizionalmente privi, per difetto dei curricoli di studio, di conoscenze nel campo della linguistica. Perché di lingua si tratta e non di storia o critica letteraria, che sono altra cosa”.
Fino alla fine del secolo scorso, gli insegnamenti di linguistica italiana, cioè linguistica applicata alla nostra lingua e alla situazione linguistica della nostra popolazione, erano largamente assenti (o facoltativi) nei piani di studio dell’università e poi sono entrati assai limitatamente. “Colpa evidente e grave degli schieramenti accademici; non fronteggiati, però, da provvedimenti ministeriali che avrebbero dovuto porre controlli a valle, cioè all’inizio delle carriere scolastiche dei candidati all’insegnamento, per piegare le Università ai loro compiti – sostiene Francesco Sabatini – I nostri politici dell’istruzione, di qualsiasi parte politica, non vedono questo macroscopico problema, mentre sono attratti ricorrentemente da altri temi: l’accrescimento delle dotazioni tecnologiche delle scuole; l’impiego dei tablet; il potenziamento dell’insegnamento dell’inglese e l’introduzione di insegnamenti in lingua inglese”.
A parere del professor Sabatini “la disattenzione per gli aspetti intrinseci dei processi dell’istruzione ha colpito ormai anche i piani di base di tali processi: l’apprendimento della scrittura e la pratica della lettura”.
“Il segno alfabetico sembra non avere più rilevanza nella pianificazione dello sviluppo delle facoltà cognitive generate dal linguaggio verbale. La cura dello scrivere manuale era stata perfino dimenticata nelle indicazioni nazionali emanate dal Miur nel 2012 – ricorda Sabatini – e vi è stata inserita in extremis per insistenza di alcuni consigli scolastici e di qualche singolo ‘obiettore’. Dimenticanza o consapevole cancellazione, come di un obiettivo ritenuto irrilevante per le nuove generazioni? Molti docenti della scuola primaria confessano oggi di curare ben poco questa specifica abilità, che affidano alla cosiddetta spontaneità della mano dell’alunno. Tanto, si dice, agli usi pratici della lingua scritta risponde ormai il computer, vera protesi del nostro braccio – osserva Sabatini – Siamo, con ciò, a un altro preciso capitolo di smobilitazione dell’attenzione ai processi cognitivi dell’essere umano: processi estremamente complessi, com’è ovvio, perché esclusivi della nostra specie, ossia parte specifica dell’evoluzione degli organismi viventi che ha portato all’Homo sapiens sapiens, diverso solo per questo dagli altri primati”.
Francesco Sabatini conclude il suo articolo con un monito: “Senza la padronanza della lingua primaria non può attuarsi nessun piano di ‘buona scuola’ (per usare questa espressione venuta or ora di moda)”.
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