Due alberi monumentali iscritti nel Registro degli Alberi monumentali d’Italia come il Cinnamomun camphora (albero della canfora) e il Ficus macrophylla, alcuni mirti (Myrtus communis) alti circa 3 metri, una lentaggine (Viburnum tinus), pianta autoctona che ha raggiunto un’altezza notevole (circa 4 metri), e che produce bacche e fiori importanti per l’entomofauna e l’avifauna, una Yucca elephantipes. Sono alcune delle ricchezze del Giardino storico dell’Accademia di Belle Arti di Napoli il cui restauro, avviato nel novembre scorso, è stato presentato ieri.
L’intervento, svolto con la sorveglianza della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Napoli, è stato curato da Premio GreenCare, in sinergia con l’Accademia, attraverso l’impegno dei suoi soci, con il sostegno di Laura Trisorio e Gianfranco D’Amato; i lavori sono stati svolti da Euphorbia srl società benefit.
La presentazione è avvenuta con la partecipazione, fra gli altri, della presidente e del direttore dell’Accademia, Rosita Marchese e Renato Lori, della presidente di Premio GreenCare, Benedetta de Falco. Sono stati anche premiati i vincitori del concorso “Alla ricerca del verde perduto”, indetto da Premio GreenCare e rivolto agli allievi di fotografia (vincitori Noemi Marotta, Cristiana Bucciaglia e Ida Indaco).
Durante l’intervento sono stati espiantati gli arbusti che soffocavano le piante più pregiate come i melograni (Punica granatum). Sono state rimosse le piante di poco valore storico e ornamentale:è stato possibile recuperare alcuni mirti (Myrtus communis) alti circa tre metri. Si è poi optato per il mantenimento ed il recupero di altri arbusti, in particolare una lentaggine (Viburnum tinus); deciso anche il mantenimento della Yucca e anch’essa ha ritrovato una nuova dignità in seguito alla rimozione del pittosporo che la opprimeva.
Si è intervenuti con potature di recupero e alleggerimento degli arbusti “liberati”. Sono stati così potati: due melograni, i mirti, i pittospori nani, le raphiolepsis, la yucca e il Corynocarpus leavigatus (Alloro della Nuova Zelanda). In seguito, è stata fatta una vangatura superficiale del terreno al fine di arieggiarlo.
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