“Gli alberi che sono lenti a crescere portano i frutti migliori.” diceva Molière … Una citazione che ho riletto per caso qualche settimana fa, frase che mi ha dato uno spunto per trattare il tema che affronto oggi. A costo di risultare monotono e ripetitivo, parlo di “liquidità” della nostra società, un concetto che spesso porto a galla per capire i motivi che hanno portato l’umanità a diventare così effimera: parlo oggi del concetto di Adultescenza, uno status umano che qualcuno ha addirittura osato definire “la malattia dei nostri tempi” quasi come fosse un virus! Già, ma cos’è nell’effettivo l’Adultescenza? E perché si sta diffondendo sempre di più nell’essere umano? Scopriamolo per gradi. Adultescenza, una parola che già dice tutto in realtà, una parola derivante da una crasi tra “adolescenza” ed “età adulta” e che, leggendo l’enciclopedia Treccani, viene definita come “una persona adulta che si comporta con modi giovanili, compiacendosi di mostrare interessi e stili di vita da adolescente“. Diciamo la verità, sotto sotto, chi più e chi meno, siamo tutti un po’ adultescenti, non credete? Rifletto spesso notando usi e comportamenti della nostra generazione, compreso me stesso: i quarantenni di oggi li vediamo spesso magari ore ed ore davanti allo schermo giocando ai videogiochi come la PlayStation, che in realtà si rivolgono ad un pubblico di adolescenti; oppure quante volte possiamo notare persone di età approssimativa ai quaranta anni che vivono con i genitori e che vedono il matrimonio come un ostacolo all’indipendenza … sono solo dei piccolissimi esempi esemplificativi di ciò che siamo diventati! In più, oggi si può notare con estrema facilità una vera e propria ossessione per la giovinezza. Mi spiego meglio. Fino a pochi decenni fa, i genitori facevano crescere i propri figli, li portavano lungo un percorso che li conduceva verso l’età adulta. Oggi cosa vediamo in giro? Genitori e figli pari livello, uguali, nei comportamenti e non solo! Difficile immaginare che i ragazzi diventino grandi e maturi, se i modelli di riferimento hanno anche loro caratteristiche “fanciullesche”. In più si travestono quasi da “amici”, e rinunciano a quel ruolo di guida che è una caratteristica fondamentale genitoriale. In questi ultimi tempi ho potuto leggere ed apprezzare un romanzo scritto da Luigi Vittorio, autore di Napoli nonché avvocato, “Adultescenza” è il suo titolo. Ho avuto modo di poter chiacchierare con lui e fargli una breve intervista:
Buongiorno Luigi: secondo te chi è secondo te l’adultescente tipo?
L’adultescente è colui il quale per volontà sua o contro la sua volontà, per svariati motivi, si ritrova a vivere un’età di passaggio tra adolescenza e età adulta, bloccato.
Quanto si è trasformata l’adolescenza negli ultimi decenni?
Persone che non volevano crescere, diciamo con la sindrome di Peter Pan ci sono sempre stati, ma l’Adultescenza è nata perché la società è cambiata. Eravamo abituati a crescere e passare armonicamente dall’età adolescenziale a quella adulta, ma la crisi economica, la crisi del lavoro, la paura di prendersi responsabilità in una società che non riconosciamo ha fatto nascere questa età di mezzo.
Dove possiamo trovare le radici del fenomeno Adultescenza?
Nella società di oggi, nelle famiglie che, a volte, trattano come bambini, persone che vorrebbero crescere a modo loro e non come i genitori vorrebbero.
I nomi dei protagonisti sono ciò che mi ha subito colpito leggendo le prime pagine: Lorenzo Maria, Abbondio, Catello, Ludovico … Da dove nasce l’idea di “affidare” questi nomi così particolari?
Perché ci sono stati genitori che son dal nome volevano segnare il destino dei propri figli, come se il fine ultimo dell’esistenza dei loro pargoli fosse “essere qualcuno-2 e non la semplice felicità.
Gli adultescenti si dividono in 2 categorie, i volontari e quelli involontari … quali sono le differenze?
Che quelli volontari sono i Peter Pan che hanno paura di crescere, mentre quelli involontari sono adulti nello spirito, ma ancora adolescenti nei mezzi.
Guardiamoci allo specchio, nel nostro Io: tu sei diventato “adulto” o ti consideri anche in minima parte “adultescente”?
Sono, ahimè, sicuramente adulto, ma non dimentico di essere stato adolescente o addirittura un bambino.
I personaggi che popolano la storia che narri sono reali o frutto della tua fantasia?
Ho preso naturalmente spunto dalla realtà, ma non vi sono corrispettivi, anche se ognuno che ha letto il libro ha tentato di incasellare i personaggi in persone reali, senza riuscirvi ovviamente.
Sei uno scrittore che guarda aspetti sociali di grande rilevanza: nei tuoi prossimi progetti hai intenzione di parlare di un altro argomento “sociologico”?
Può essere, mi piace guardare la società odierna, specie quella della mia generazione e poi tentare di analizzarla costruendoci attorno una storia. Ora come ora sto scrivendo un romanzo in cui ci si chiede per cosa valga la pena vivere.
Leggendo questo libro ho rivisto me stesso fino a qualche anno fa, ed ecco uno dei motivi fondamentali per cui me ne sono innamorato. Mi sono soffermato, ho pensato. La mia mente ha divagato, mi ha fatto tornare per un attimo indietro nel tempo, in un passato neanche troppo remoto: quanti ricordi! Giù la maschera, personalmente ammetto di essere stato ( o esserlo ancora, chissà ), in parte adultescente, ho fatto fatica a far tacere il “fanciullino” che è in me. Guardo per un attimo momenti spensierati trascorsi con amici, serate di classici “bagordi” tra birre al bar, serate al pub, risate tra giovani adultescenti quali eravamo che guardavano la vita in modo forse più infantile, distaccato e con un’unica certezza, un unico obiettivo: divertirsi e ridere, come se non ci fosse un domani. A tutti però tocca crescere, maturare, anche soffrendo, anche a piccoli passi, ma è la vita!
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