La figura di Oriana Fallaci, donna di grande personalità e giornalista indomita, è tornata in questi giorni sotto i riflettori della cronaca, a 9 anni dalla sua morte, grazie alla messa in onda della fiction di Rai1 “L’Oriana”, interpretata da Vittoria Puccini. La fiction, che ha fatto molto discutere e diviso il pubblico italiano, ha raccontato l’Oriana Fallaci reporter di guerra e femminista.
Non tutti sanno però che Oriana Fallaci aveva anche un grande talento da intervistatrice: da Yassir Aragat a Henry Kissinger, da William Colby all’imam Khomeini, sono tantissimi i personaggi che hanno fatto la storia del mondo moderno che Oriana Fallaci ha avuto il privilegio e la capacità di intervistare. E tra questi c’è anche il principe Antonio De Curtis, alias Totò. L’intervista fu realizzata nel 1963 e pubblicata su L’Europeo. Oggi potete leggerla integralmente sul sito antoniodecurtis.com. Noi ve ne proponiamo alcuni stralci tra i più significativi.
Lei è proprio principe, vero? Signorina mia, vuol scherzare? Non crederà mica anche lei che i ritratti degli antenati li ho presi dagli antiquari? I titoli non si comprano, li danno i sovrani. Vi sono due specie di titoli: quelli nativi, i quali vengono da famiglie che hanno regnato, e quelli dativi, i quali vengono dati dal re a qualcuno che ha fatto qualcosa… Il mio è nativo. E ce l’ho dal giorno in cui venni al mondo: come mio padre, mio nonno, mio bisnonno, mio trisnonno, su su fino al 362 avanti Cristo. […] Signorina mia, sono altezza imperiale, son principe e anche molte altre cose: conte palatino, cavaliere del Sacro Romano Impero, ufficiale della Corona d’Italia, cavaliere della Gran Croce dell’Ordine di Sant’Agata e San Marino, marchese di Tertiveri, questo però non lo uso. […] Ma il mio più bel titolo resta Totò.
Principe, io non La ho mai vista ridere. A parte il fatto che esser triste è la legge dei comici, io temo che Lei abbia sempre riso pochissimo: che non conosca il sapore di una bella risata. Pochissimo, niente. Io non rido, sorrido. E, anche quello, raramente. Sorrido a lei, per esempio, perché è una donna: non si può mica parlare a una donna con il musone. Però vede: non è esatto nemmeno dire che io sia triste: son calmo, privo di ansia. Io l’ansia non la conosco. […] Io amo tutto ciò che è scuro, tranquillo, senza rumore. La risata fa rumore. Come il giorno.
Lei non ha una gran stima degli uomini. Una buona opinione del Suo prossimo. E forse non ha nemmeno molti amici. No. No. No! Io mangio più volentieri con un cane che con un uomo. Di amici… ne avrò due, forse. Sì, due ne ho: il conte Paolo Gaetani e il conte Fabrizio Sarazani. A parte il titolo, due che lavorano, come me: umili operai, come me. Perché vede: quella mia battuta «siamo uomini o caporali» non è affatto un gioco. Il mondo io lo divido così, in uomini e caporali. E più vado avanti, più scopro che di caporali ce ne son tanti, di uomini ce ne sono pochissimi. […] Caporali, vede, son quelli che voglion essere capi. C’è un partito e sono capi. C’è la guerra e sono capi. C’è la pace e sono capi. Sempre gli stessi. Io odio i capi come le dittature, le botte, la malacreanza, la sciatteria nel vestire, la villania nel parlare e mangiare, la mancanza di puntualità, la mancanza di disciplina, l’adulazione, i ringraziamenti… Quelli, sa: sempre meglio dell’ingratitudine… All’ingratitudine io ci sono abituato e la accetto: con divertimento. Io non mi arrabbio mai per l’ingratitudine.
Ecco: ma a Lei… a Lei piace Totò? Le rispondo una cosa che non ho mai detto a nessuno, una cosa cui non crederà: ma vorrei ci credesse perché gliela dico col cuore in mano, signorina mia, glielo giuro sulla tomba di mia madre. Non mi piace neanche un po’. Anzitutto non mi piace come uomo: fisicamente. Signorina mia… ma l’ha visto, lei, quant’ è brutto? La faccia, signorina mia… ma l’ha vista? Tutta torta, tutta asimmetrica. La parte di sinistra, passi: è una faccia lunga, una faccia triste. Ma la parte di destra, Gesù! Maria! che roba è? Buffa, dice lei. Senza dignità, dico io. Ah, come odio quella parte destra, quel mento! Dunque: anzitutto Totò non mi piace fisicamente. Poi non mi piace come personaggio… Perché, dice lei. Perché… non lo so: mi sta antipatico. Io quando mi vedo, o meglio quando mi vedevo al cinematografo, il che capitava assai raramente perché ho sempre detestato guardarmi allo specchio o sullo schermo, io mi guardavo e pensavo: Gesù, quanto è antipatico, quello. E poi Totò non mi piace come attore, come recita. Perché?, dice lei. Perché non lo so, perché non mi fa ridere. E badi che i film umoristici a me piacciono, divertono. Mi diverte Alberto Sordi, mi diverte Ugo Tognazzi, mi divertiva Charlot. Ma questo Totò, parola d’onore, non mi diverte per niente.
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