Ancora una volta una grandissima interpretazione di Tina Femiano che al Nuovo Teatro Sanità ha emozionato i tanti intervenuti ad Anime Dannate, scritto e diretto da Riccardo De Luca.
Due donne, in un monologo dove la Femiano riesce a stratificarsi, come lo stesso costume di scena creato da Giovanna Napolitano, che da i cenci sovrapposti di Maragrazia lascia il posto a Filumena. Donne, madri che sono nate dal pessimismo, dalle sofferenze e che con il loro coraggio hanno ghettizzato i personaggi maschili. Ad affiancare la Femiano ne L’altro figlio, la giovane attrice Francesca Fedeli.
Anime Dannate: da De Filippo a Pirandello
Due grandi autori Luigi Pirandello ed Eduardo de Filippo per interpretare due donne, due madri completamente diverse, Maragrazia e Filumena. Due modelli diversi di comportamento, due modi di essere madri. Scelte che sembrano diverse ma che hanno dei comuni denominatori: l’ignoranza, la sofferenza e l’umiltà d’origine. Una rifiuta uno dei tre figli, al punto tale da non volerlo vedere neanche alla nascita e l’altra non fa differenza tra i tre figli, perché i figli sono tutti uguali.
Maragrazia, la madre di Pirandello, una madre che appartiene al ciclo dei vinti, che si dispera per la partenza in Sudamerica dei due figli legittimi, ma rifiuta il terzo, Rocco Trupia, perché nato dalla violenza.
Filumena, la madre che attinge dal coraggio popolano che solo i personaggi Eduardiani posseggono.
Una madre, Maragrazia, con il volto segnato dal pianto, dal dolore e dalla fame che la Femiano porta con una veridicità che scuote e che attanaglia il cuore di chi la guarda.
Vestita di stracci, scalza, addolorata per questi figli lontani, di cui non ha più notizie, in un dolore ed una mendicità che oramai le concede soltanto i ricordi e dei tozzi di pane.
Ogni passo che fa sul palcoscenico è intriso di dolore, il volto trasfigurato al ricordo della violenza, si ha quasi la percezione degli odori del sangue e della morte dai racconti/ricordi di Maragrazia.
Bravissima la Fedeli anche nel personaggio maschile di Rocco, il figlio rifiutato, ed incantevole voce anche nel canto.
Un tempo ritmato quello tra lei e la Femiano che cattura l’interesse del pubblico.
Sul palcoscenico solo due donne, una sedia, per un dottore che non ha un attore, ed una gradinata di legno, dove la Femiano si stende in una sorta di giaciglio, fanno sì che ci sia tutto un mondo di interazione di personaggi che soltanto la fantasia e la sua bravura, con gli scritti di Pirandello, possono rendere reale. Dalla solitudine dei personaggi pirandelliani si passa al personaggio eduardiano, la grande figura di Filumena Marturano.
Tina Femiano è sola in scena. Una donna che non piange mai, che ha dovuto crescere subito, senza adolescenza, che i sentimenti li ha messi da parte, che razionalmente e cinicamente vive. La Filumena della Femiano è come un leone in gabbia, fiera, fisico eretto, disincantata, cammina in circolo, e rende reali i figli, sulle tre sedie che fanno da scenografia, e rende vivo Dummí.
Il suo corpo essenzialmente vestito di nero, unica macchia di colore il rosso dei capelli.
Che cattura ancor più l’attenzione del pubblico.
Una trasfigurazione immediata, e li sul palcoscenico, tra una veloce pettinata, un velo di rossetto che appare Filumena.Tra i dialoghi di Filumena/Tina, Domenico Soriano ed i tre figli la voce fuori campo di Sergio Bruni, alternata a canzoni come Torna Maggio. Una Filumena diretta, significativa, vera più di sempre che, soltanto quando sarà riuscita a vincere la crudezza del cinismo umano, ed avrà riscattato i figli, lascerà lo spazio ad un pianto liberatorio ed allora, solo allora potrà sedersi e piangere e finalmente…..sarà bello piangere.
Grazie a te Tina.