Antonio Marfella risponde a chi ha chiamato “sciacallo” don Patriciello

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di redazione

Antonio Marfella, dirigente medico al Pascale di Napoli e da sempre impegnato nella lotta a tutela della salute nella Terra dei Fuochi, accorre in difesa di don Patriciello, rispondendo alle accuse lanciate al parroco qualche giorno fa da Claudio Velardi, ex assessore regionale, che aveva definito don Patriciello uno “sciacallo“, interessato solo a “lucrare visibilità sul dolore della povera gente“.

Road Tv Italia pubblica interamente la lettera scritta e diffusa da Antonio Marfella su Facebook.

Riconosco pubblicamente i miei peccati di uomo che non riesce a contare neanche sino a dieci quando si infuria come mi sono infuriato nel sentire definito il mio amico e profeta padre Maurizio, “sciacallo”. Stiamo soffrendo insieme da anni, stiamo piangendo insieme da anni. Tutti i nostri amici ammalati e morti giovani senza apparenti spiegazioni in terra dei fuochi. Come ho dovuto farmi forza e riuscire a essere freddo e professionale quando padre Maurizio accompagno’ al Pascale la sua giovanissima nipote, madre di due figli piccoli, colpita da cancro della mammella ben prima dei 40 anni ,dello screening, e come una nenia terribile, da amico nelle orecchie di un amico, continuava a ripetermi “ce la fara’ Antonio? Ce la fara’ Antonio?”. Abbiamo sofferto tanto insieme, ma l’amore ,e ben disinteressato , come dimostrano le nostre storie di una vita intera, per la nostra terra e per i nostri figli, non solo ci ha riuniti in un percorso che sta cambiando meravigliosamente la civilta’ dei nostri territori, ma ci ha cementato in una amicizia per cui conta per me molto di piu lui di quanto conti me stesso. Sono stato offeso tante volte in tutti questi anni, ma, pur avvilito dalle offese gratuite ricevute, mai ho reagito in modo cosi veemente. Padre Maurizio e’ innanzitutto non solo il mio profeta, ma soprattutto il mio amico che non mi abbandona mai e mai io posso abbandonare lui, ed e’ per me bellissimo che cosi lo sentono ormai tre milioni di cittadini inermi e massacrati delle province di Napoli e Caserta. Non sono un buon cristiano, non porgo l’altra guancia se mi colpiscono un amico, “unum habeo , centum redibeo” in questo caso, ma consentitemi, la cosa che mi ha fatto più piacere, visto che oggi tra genitori e figli ci si parla così, che anche mia figlia, alla mia reazione, eccessivamente veemente ma per il nostro amico padre Maurizio, ha cliccato “mi piace”. Non era mai accaduto per le tante volte che pure mi aveva letto in bacheca. A padre Maurizio e a tutti coloro che non sanno cosa significhi un amico vero, specie ai politici e ai lobbisti loro servi, voglio ricordare una canzone che ha accompagnato la mia giovinezza, che era bello cantare quando si costruiva insieme la vita, con gli amici di scuola. Grazie padre Maurizio, grazie amico mio, ed è meraviglioso vedere come una amicizia vera, sta cambiando il destino di un popolo.

12 ottobre 2013