“Capua è una Città Madre, dà il nome alla Campania, custodisce nel suo Museo le Matres Matutae, è la Città madre della Lingua italiana, – ci dice Giuseppe Bellone direttore artistico del festival – era giusto porre l’accento su questa peculiarità della nostra città, perché la maternità è un’esperienza che riguarda tutti, riguarda le donne e gli uomini, le donne che hanno avuto i figli e quelle figlie che madri non saranno mai”.
A portare avanti questo ciclo di incontri, un folto nucleo di amiche del festival che da anni collabora alla sua realizzazione, le curatrici del progetto sono: la scrittrice Marilena Lucente, la critica letteraria Nicoletta Alaia, le scrittrici e giornaliste Nadia Verdile e Lidia Luberto, la scrittrice e poetessa Mariastella Eisenberg, la sceneggiatrice e regista Barbara Rossi Prudente, le attrici Margherita Di Rauso e Elena Starace, quest’ultima anche scrittrice, e la giornalista Mariamichela Formisano.
Il primo appuntamento del ciclo Terra di Madri, scrittrici a Capua, è per mercoledì 3 novembre alle ore 19.00, a Capua, nella chiesa di San Salvatore a Corte.
Un evento importante, incontreremo la scrittrice Heddi Goodrich originaria di Washington D.C., che vive in Nuova Zelanda, ad Auckland, ma che scrive in italiano, soprattutto del suo amore per Napoli, dove si è laureata negli anni 90, che dialogherà con Nicoletta Alaia del suo nuovo libro L’americana (Giunti), che arriva in libreria a due anni di distanza dal successo del suo romanzo d’esordio Perduti nei Quartieri Spagnoli, grande successo internazionale. tradotto in tredici lingue.
Questo secondo romanzo della scrittrice americana Heddi Goodrich racconta l’educazione sentimentale di Frida, una sedicenne che alla fine degli anni Ottanta arriva a Castellammare di Stabia dall’Illinois per uno scambio culturale: un anno che le cambierà la vita.
Le protagoniste delle pagine di Goodrich sono le donne, a cominciare dalle due mamme. Una, quella biologica, che la chiama Frida come la Kahlo sperando di tramandarle «la forza d’animo per superare qualsiasi dolore la vita abbia in serbo», l’altra, Anita, la mamma campana, che si prende tutta la scena e già dal suo ingresso impregna le pagine di «Fendi e gomma alla menta». Anita, che tutti da sempre in famiglia chiamano «l’americana». Anita, seducente quarantenne, che a Castellammare saluta tutti mentre guida «come un tassista newyorkese» su e giù per la montagna; Anita, diventata madre a sedici anni che l’indipendenza se l’è guadagnata; Anita che lavora al sindacato e che anche senza studi solidi alle spalle ha le idee ben chiare: «In questo mondo devi scegliere da che parte stare: con i socialisti o con i fascisti. Con i lavoratori o con gli sfruttatori. Con i buoni o con i cattivi». Da subito, Mamma Anita s’impone come un personaggio grandioso: estroversa, carnale, priva di schemi, un ciclone di donna che afferra Frida con impeto eppure, a suo modo, con delicatezza, portando una ragazza che è poco più di una bambina nel mondo delle donne adulte, dei sentimenti, delle passioni, dei tormenti interiori, una formazione anche dura, in cui gli schiaffi si alternano alle carezze. Così Frida cresce, attraverso l’educazione di Anita e la storia d’amore con Raffaele, un ragazzo lontano dal suo mondo e vicino a quello della camorra, e che però, più di tutti, porta impresso il marchio di una ferita, di una bruciante dolcezza.
Un anno di scuola e di vita in una famiglia italiana rappresenteranno per Frida una stagione di scoperte, di shock culturale, di entusiasmo, di amore, di dolore e di crescita, in un sovvertimento di sensi che, ancora una volta dopo Perduti nei Quartieri Spagnoli, affascina e spiazza il lettore italiano offrendo un punto di vista empatico, sorprendente, su di noi e sulle nostre vite.
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