Dal 20 aprile al 2 novembre, nella Palestra Grande, apre al pubblico la mostra ‘Egitto Pompei‘, seconda tappa del progetto espositivo omonimo, inaugurato il 5 marzo scorso al Museo Egizio di Torino e nato dalla collaborazione tra il museo torinese, la soprintendenza di Pompei e il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, con l’organizzazione di Electa.
Tre sedi diverse per ripercorrere l’incontro tra culture lontane ma storicamente legate e connesse, attraverso il dialogo tra reperti egizi di epoca faraonica e opere di età ellenistico-repubblicana e imperiale che ne hanno accolto e riletto l’iconografia. In occasione della mostra agli Scavi di Pompei, curata dal direttore della soprintendenza, Massimo Osanna con Marco Fabbri e Simon Connor, gli spazi recentemente restaurati della Palestra Grande accolgono statue monumentali del nuovo regno (XVI-XI sec. a.C.), periodo di massimo splendore della civiltà egizia.
Provengono da Tebe, principale centro religioso dell’epoca, la magnifica statua seduta del faraone Thutmosi I (XV sec. a.C.), ritrovata nel tempio del dio Amon, a Karnak, e le sette colossali statue raffiguranti Sekhmet (XIV sec. a.C.),divinità egizia dalla testa leonina misteriosa e inquietante, al contempo potenza devastatrice e dispensatrice di abbondanza.
Le imponenti sculture in granito, prestiti provenienti dalla collezione permanente del Museo Egizio esaltati dallo scenografico allestimento di Francesco Venezia, costituiscono una testimonianza del mondo della mitologia egizia, oltre a rappresentare il potere faraonico al tempo della XVIII dinastia.
Seguendo le tracce di Iside e dell’Egitto a Pompei, il percorso prosegue attraverso le sale della mostra, con l’esposizione dei cosiddetti Aegyptiaca, manufatti e cimeli dell’antico Egitto usati in Campania, a partire dall’VIII sec. a.C., come amuleti, e con una video installazione originale di Studio Azzurro a evocare gli scambi culturali, religiosi ed economici intercorsi tra Pompei e l’Egitto dalla fine del II sec. a.C.
La visita si conclude con frammenti di affreschi pompeiani raffiguranti scene nilotiche con pigmei e animali esotici, anticipazione delle pitture ancora custodite nelle case.
Nel percorso, anche l’opera scultura di Nunzio, ‘Senza titolo‘ (combustione su legno, 2015), frutto dei progetti di collaborazione avviati dalla Soprintendenza con l’intento di sviluppare il rapporto di Pompei con il mondo d’oggi. Simbolo iconico della contemporaneità e insieme del suo legame ininterrotto con l’antico, l’opera, che apre la mostra, indaga le possibilità espressive della materia e del suo rapporto con la luce e lo spazio.
All’esterno, nell’area archeologica, si snoda un itinerario egizio: dal Tempio di Iside, tra gli edifici pompeiani meglio conservati cui è stata dedicata una app, alle numerose domus decorate con motivi egittizzanti, come la casa dei Pigmei, che si apre per la prima volta al pubblico dopo i restauri del Grande Progetto Pompei (Gpp).
Il Tempio di Iside, in particolare, è stato oggetto di allestimenti museografici e multimediali rientrati nel piano della fruizione del Gpp, con la riproduzione di oggetti di arredo, statue e affreschi che originariamente decoravano l’edificio, e con un video di Stefano Incerti, restituendo così tutto il potere suggestivo che ebbe al momento della scoperta.
Il 28 giugno, al Museo Archeologico di Napoli, ci sarà la terza tappa del progetto. Si inaugurerà una nuova sezione del percorso di visita delle collezioni permanenti, con un focus particolare sui culti e le religioni orientali che, transitati in Egitto, hanno trovato diffusione in Campania e da qui nel resto della penisola.
Il progetto sull’Egitto segue la grande mostra su Pompei e l’Europa, allestita nel 2015 al museo di Napoli e nell’Anfiteatro di Pompei, in un viaggio a ritroso nel tempo, che vedrà protagonisti nel 2017 la Grecia, nel suo rapporto con Pompei, la Campania e il mondo italico.
Ma anche la Grecia che nutre il ricordo e la nostalgia metafisica di De Chirico e Savinio, cui sarà dedicata una mostra nel Museo Archeologico di Napoli. Per arrivare, nel 2018, a indagare e mostrare Pompei nel suo rapporto con Roma, negli anni della conquista e della nascita dell’impero. (Fonte Adnkronos)
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