Quello di Artemisia Gentileschi (Roma 1593-Napoli dopo il 1654) è un nome di grande richiamo nell’arte, e numerose sono state le mostre monografiche a lei dedicate in tutto il mondo, da Firenze (1991) a Roma, New York e Saint-Louis (2001) e da Milano (2011), Parigi (2012) e Roma (2016) sino a Londra (2020). A queste si aggiunge quest’ultima nella città che lei ha amato profondamente: Napoli.
Difficile è discernere quanto di questo crescente successo si debba alla sua avvincente vicenda umana e biografica, alla sua rara figura di donna pittrice, alla nota vicenda dello stupro subìto dall’altro pittore Agostino Tassi, e all’interpretazione delle sue crude versioni del soggetto di Giuditta che taglia la testa ad Oloferne come proiezioni del suo desiderio di rivalsa e di vendetta, e quanto si debba invece all’effettiva e ormai riconosciuta grandezza della sua arte. Certo è che Artemisia, figlia del celebre artista pisano Orazio Lomi Gentileschi, già nel 1610 forniva a Roma le prime prove del suo talento e della sua peculiare interpretazione del naturalismo di Caravaggio. Le varie rappresentazioni di “Giuditta”, sua figura preferita, a cominciare da quella del Museo napoletano di Capodimonte sino quelle della Galleria Palatina e della Galleria degli Uffizi a Firenze, rappresentano la traduzione più efficace e violenta del soggetto per almeno due volte prescelto da Caravaggio, ovveroil momento stesso in cui l’eroina ebrea affonda la sua spada nel collo del condottiero nemico, facendone sgorgare il sangue a fiotti. Certo è che sia a Roma, sia a Firenze, sia a Napoli, luoghi dove la pittrice ha vissuto, la sua pittura forte, naturalista, ma anchedettagliatissima e raffinata, riscosse grande successo, sia presso i collezionisti, sia presso i maggiori pittori del tempo che con lei si trovarono a collaborare. Di sicuro la sua fama valicò l’Italia fino a raggiungere nel 1638 l’Inghilterra, quando accettò l’invito del re d’Inghilterra presso la sua corte, ricongiungendosi col padre a Londra.
A Napoli trascorse un lungo periodo, tra il 1630 e il 1654, anno presumibilmente della sua morte o comunque poco dopo. Della Gentileschi si apprezza, durante il soggiorno partenopeo, il suo dialogare con gli artisti del luogo e la sua personale rivisitazione della lezione Caravaggesca. Una personale monografica a lei dedicata è un grande omaggio che Napoli le dedica e una prima assoluta. La mostra al Museo Diocesano, Complesso Donnaregina, collega l’attività napoletana dell’artista con le tappe romane e fiorentine e presenta così al pubblico tutto il lavoro di questa geniale pittrice. Per realizzarla sono arrivati i prestiti dalla Galleria Degli Uffizi di Firenze, dal Museo di Capodimonte a Napoli, dalla Galleria Pitti, sempre a Firenze e da collezionisti privati, tutto questo per raccontare lo straordinario percorso artistico e umano di questa figura di donna e di pittrice, che ha lasciato un segno personalissimo nel mondo dell’arte mondiale. Da vedere assolutamente entro il 3 luglio.
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