“Avvocati accattoni”, questa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. “L’utilizzo di una terminologia da click-bait, la cui principale funzione è di attirare il maggior numero possibile di utenti per generare rendite pubblicitarie online. Questo l’unico motivo che ha spinto una testata web ad attaccare ancora una volta la classe forense, così come accaduto altre volte ed in altre occasioni in cui, solo successivamente, si sono viste cadere le accuse o parte di esse. Il buon senso, ancor prima che la professione giornalistica, imporrebbe maggiore attenzione e professionalità”.
Con queste motivazioni il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli nord, come già evidenziato in un precedente comunicato sottoscritto dal presidente Gianfranco Mallardo, chiederà l’intervento dell’Unione regionale degli ordini forensi della Campania ed il suo presidente Americo Montera, affinché si valuti la proposizione di un’azione congiunta a tutela della classe forense.
“Tale incontro – spiega il presidente del COA di Napoli nord Mallardo – servirà per predisporre, anche per il futuro e nel caso in cui si verifichino episodi analoghi, azioni che tutelino l’onorabilità della classe. La pubblicazione dei nomi degli indagati e del titolo utilizzato dal sito costituisce un esempio di informazione lesiva dei principi di garanzia stabiliti dalla legge e dalla giurisprudenza. Non si deve dimenticare che un avviso di chiusura di indagini rappresenta soltanto la opinione di una delle parti processuali, il Pubblico Ministero, e spesso è una semplice riproduzione del lavoro svolto dalla polizia giudiziaria. Per un uomo, ancor più per un avvocato, la dignità e la condotta specchiata è tutto”.
“Neppure una sentenza di assoluzione – spiega Mallardo – potrà cancellare il danno di vedere il proprio nome su una pagina di giornale, associato a condotte illecite. Né mai eventuali sentenze di condanna nei confronti di qualcuno potranno essere utilizzate per gettare discredito sull’intera Classe forense, che rimane ferma ai principi di correttezza e irreprensibilità sanciti nel nostro Codice Deontologico, il cui rispetto ci distingue da ogni altra professione. Codice deontologico esistente anche per i giornalisti”.
“In merito all’operato della Procura – continua Mallardo – una maggiore considerazione per la classe forense avrebbe imposto alla stessa Procura di sentire gli avvocati coinvolti nell’inchiesta (almeno quelli interessati per una sola marca) quali persone informate dei fatti. Si pensi all’ipotesi in cui si mette all’incasso un assegno rubato. L’interessato prima di essere iscritto nel registro degli indagati viene sentito per sapere come lo ha ricevuto. Solo in caso di risposte evasive si procede nei suoi confronti. Stessa cosa si poteva e si doveva fare nella vicenda che ci riguarda”.
“In ogni caso – conclude Mallardo – prima dell’emissione dell’avviso ex art. 415 bis cpp si poteva sentire il collega interessato come indagato. La segretezza della fase avrebbe tutelato adeguatamente l’onorabilità dell’avvocato laddove, come è verosimile, l’acquisto dell’unica marca falsa sia avvenuto in modo inconsapevole. L’avviso ex art 415 bis cpp e la discovery che ne discende doveva far immaginare la gogna mediatica alla quale questi colleghi sarebbero stati sottoposti e doveva, pertanto, essere evitata”.
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