Se c’è un atto che non é mai mancato, in questo ultimo secolo a Bagnoli sono di certo le firme per definirne il futuro. Le prime furono messe nel 1905, quando si decise la costruzione di un grande impianto siderurgico, su una superficie di 120 ettari, già sede di alcuni impianti industriali nella seconda metà del XIX secolo. Lo stabilimento Ilva di Bagnoli verrà inaugurato così il 19 giugno 1910.
Lo sviluppo industriale proseguirà nei decenni, dando lavoro a migliaia di operai: nel 1954 altra firma che vedrà costruito a sud dell’ILVA, l’altoforno della Cementir. Così come nel 1962 quando ci fu la necessità di ampliamento dello stabilimento che porto’ alla costruzione di un riempimento a mare, quella che chiamiamo “colmata” e di un lungo pontile (il “Pontile nord”) per lo scarico delle navi pesanti. Nel 1964 lo stabilimento cambio’ la denominazione in Italsider. Già dagli anni 70 però, le cose iniziarono ad andare male, con avvisaglie di crisi. Che si materializzarono 20 anni dopo nel 1985 con la chiusura dell‘Eternit e nel 1992 con la chiusura definitiva di tutto il sito industriale.
Da quel momento comincia un percorso, tortuoso, disastroso direi, che arriva fino all’altro ieri. Un percorso fatto di firme ufficiali, di idee di sviluppo contrapposte,di annunci pomposi , di feroci battaglie politiche e spesso di ladrocini e truffe ai danni dello stato Italiano e sopratutto dei cittadini napoletani . Il punto nodale è il progetto di De Lucia che nel 1994 idea un piano che, nelle zone dell’ex Italsider, intende “creare” al posto delle ciminiere una riviera di città turistica. Bella, forse più di via Caracciolo, nell’incantevole scenario tra l’isoletta di Nisida e il litorale flegreo”, con un mare balneabile per due terzi, la spiaggia, un parco, e verso l’interno strutture per la ricerca scientifica, attrezzature alberghiere e turistiche.
Il piano di De Lucia si concentra in definitiva su tre tipi d’intervento:
1)turistico, con la creazione di un centro congressi;
2)produttivo, con la realizzazione di un polo scientifico-tecnologico;
3)edificatorio, per un massimo di 2 milioni di metri cubi.
Da li parte un lunghissimo periodo di speranze ,polemiche,cambiamenti di idee, che portano il Comune ad acquisire i suoli dell’area ex Italsider e a istituire la STU( Società di Trasformazione Urbana). Poi il 16 maggio 2005 quando il PUE, Piano Urbanistico Esecutivo, venne approvato iniziò la fase attuativa.
Nello specifico, il Piano divide l’area di trasformazione in 9 aree tematiche:
1) Parco urbano e spiaggia: comprende il grande parco urbano di Coroglio di circa 120 ettari, con la conservazione di 16 fra più significativi edifici dell’impianto siderurgico e il loro riutilizzo, il recupero della spiaggia per circa 33 ettari, la fondazione IDIS, il porto canale come approdo turistico.
2) Coroglio-Bagnoli: comprende il nuovo borgo marinaro, caratterizzato da alberghi, residenze di alto prestigio, un sistema congressuale ed impianti sportivi e di svago a servizio dell’area.
3) Cavalleggeri: accoglie residenze, attività produttive e commerciali, attività universitarie, attrezzature sportive all’aperto.
4) Cocchia: comprende le strutture per la ricerca.
5) Diocleziano-Campegna: comprende un grande centro commerciale che si affaccia sulla piazza dove è prevista la nuova stazione della ferrovia Cumana.
6) Officine FS: accoglie attività per la produzione di servizi.
7) Residenze esistenti: conservazione degli abitati già presenti.
Da li partiva il complicatissimo discorso delle bonifica dei terreni, le probabili truffe / omissioni a loro collegate,fino all’azione della magistratura di qualche mese fa’( approfitto per sottolineare la giusta decisione del Sindaco di pretendere che chi ha inquinato, Fintecna e Cementir, paghi oggi le spese).
Questo riassunto era necessario per capire come siamo arrivati ad oggi. Ora io davvero trovo inaccettabile che dopo tutto questo, dopo un incendio doloso(di cui davvero non so’ se sapremo mai la verità) di Città della Scienza , questa città non sappia fare quadrato e concentrarsi sul suo sviluppo, sopratutto in un periodo di crisi economica gravissima e di mancanza di risorse.
Il piano De Lucia rimane, a mio avviso, la migliore sintesi possibile tra esigenze di sviluppo dell’area( dove ci sono livelli di disoccupazione inaccettabili), ambiente e integrazione di tutto questo in una città come Napoli, che ha bisogno come il pane di uno sviluppo nell’area occidentale/flegrea. Invece siamo qui, a farci del male da soli, tra una Regione Campania che si rimangia gli accordi su una bonifica, che sappiamo tutti necessaria e sopratutto giusta, un Comune di Napoli che da’ la sensazione, perlomeno, di un ingenuità disarmante( ma non per questo non colpevole) e una serie di proteste da parte di movimenti civici , basate su accuse di presunte “colate di cemento”, che davvero non si capisce da dove dovrebbero venire. Dato che i numeri sono li chiari, nel Pue. Dove, ovviamente, la posizione della città della Scienza e’ chiarissima e totalmente legale, così come gli indirizzi dell’area.
Io credo debba essere chiaro a tutti, che senza questa “sintesi” tra le varie visioni, l’intervento economico dello stato non ci sarebbe, così come non ci sarebbero investimenti privati necessari per far sviluppare Bagnoli e procedere con le necessarie bonifiche, la realizzazione del Parco pubblico e di tutte le opere ( incompiute o programmate) necessarie. Quindi l‘alternativa e’ tra il sogno di quel piano avverato e lo status quo, come e’ adesso, tra rovine,mattoni anneriti, scheletri post industriali e terreni contaminati. Il resto, temo, siano solo chiacchiere e utopie, un po’ di retroguardia.
Sinceramente proprio quello di cui Bagnoli e Napoli, sono certo, non abbiano davvero più bisogno.
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