Basta guerra: la comunità russa a Napoli scende in piazza per chiedere la pace nel Donbass (VD)

Presenti anche alcuni membri della comunità ucraina. "Noi, popoli fratelli, ora ci ammazziamo l'un l'altro". Ma nessuno dei due è disposto a cedere il controllo della Crimea, dall'11 marzo entrata nella Federazione Russa

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“I nostri popoli sono sempre vissuti come fratelli, è ridicolo che adesso si facciano la guerra uccidendosi l’un l’altro”. A pronunciare queste parole sono i membri della comunità russa a Napoli, che ieri pomeriggio hanno indetto una manifestazione a via Toledo per chiedere una proroga al cessate il fuoco che porti finalmente la pace nel Donbass e nelle regioni Est dell’Ucraina, dilaniate dalla guerra.

Comunità russa a Napoli in piazza per chiedere l’intervento delle istituzioni locali

“Abbiamo chiesto aiuto al sindaco, al presidente della Provincia e al Governatore Stefano Caldoro per porre fine agli spargimenti di sangue nelle nostre terre e far sapere finalmente la verità su quello che sta accadendo in Ucraina” spiega ai nostri microfoni Ioulia Minsker, rappresentante dell’associazione Aiuto ai cittadini dell’ex URSS in Italia. Quale sia questa verità è difficile dirlo, perché le notizie che trapelano sono poche, frammentarie e confuse. Stando a quanto riferiscono le autorità russe, nel Donbass si è ripreso a sparare: il governo di Poroshenko sta uccidendo i suoi stessi connazionali, uomini e donne ucraini oltre che russi. “A pagare è tutto il popolo slavo. Siamo noi che stiamo morendo”.

Russia contro Ucraina: la guerra del Donbass è una guerra tra fratelli

Una guerra che sta mettendo l’uno contro l’altro due popoli che sono da sempre “come fratelli”, e che preoccupa e sconvolge anche gli immigrati russi in Italia e a Napoli. A questa guerra la comunità russa oggi ha deciso di dire basta, scendendo in piazza con cartelli in doppia lingua, italiano e russo, costumi e canti tradizionali, per gridare a gran voce il suo messaggio di pace.

Pace sì, ma a quale prezzo?

La situazione della Crimea e delle regioni Est dell’Ucraina è quanto mai complessa: dopo il referendum giudicato illegale dal governo ucraino la regione che affaccia sul mar Nero è effettivamente passata, dall’11 marzo, sotto il controllo sovietico. Putin ha sbarrato le frontiere, e dalla Crimea non è più possibile entrare o uscire. Mentre Poroshenko torna a lottare per riprendersi la regione ricca di gas, sbocco strategico sul mare che dal 1954 appartiene all’Ucraina. Secondo i russi senza diritto, perché storicamente la Crimea, attualmente abitata per la maggior parte da russi (il 60%), cui si aggiunge un 25% di ucraini e una minoranza (12%) tartara, è sempre appartenuta alla “madre” Russia.

In piazza anche alcuni membri della comunità ucraina: la Crimea è nostra

Gli ucraini però raccontano un’altra storia. Scesi anche loro in piazza accanto ai “fratelli” russi, i cittadini della comunità ucraina di Napoli affermano l’esatto contrario. La Crimea non è russa, è ucraina. Putin vuole appropriarsene per interessi economici, per il gas e il porto” spiega un ragazzo ucraino. “Neanche noi vogliamo la guerra, ma fare la pace adesso significherebbe lasciare la Crimea alla Russia”. Una situazione che a sentire i cittadini ucraini non giova a chi vive in quelle terre: “La gente sta scappando dalla Crimea, e chi ci è rimasto è in serie difficoltà” spiega. “I prezzi sono aumentati all’inverosimile, e si vive in un regime di polizia. Gli ucraini di Crimea non lo vogliono, questo governo russo”.

Da quale parte sta la verità?

“Non è vero” controbatte una donna russa ai nostri microfoni. “I miei amici russi in Crimea sono contenti, dicono di essere finalmente tornati a casa. E non è vero che i russi uccidono gli ucraini. La colpa della guerra” dice, affermando l’esatto contrario di quanto ci dicono gli ucraini “non é di Putin, anche lui vuole la pace. La verità di cui sopra è sempre più difficile da appurare.

Pace prima di tutto

Quel che è certo, momenti di tensione a parte, è che la maggior parte dei cittadini sia russi che ucraini vogliono la pace nelle loro terre. I rappresentanti di entrambe le comunità hanno chiesto l’intervento delle istituzioni locali, appellandosi soprattutto alla solidarietà del sindaco Luigi De Magistris, che dall’inizio del suo mandato è vicino alle “minoranze” e impegnato nella tutela dei diritti umani.

L’appello all’Italia e all’Europa: “siate messaggere di pace”

E poi, soprattutto, è atteso l’intervento dell’Italia e dell’Europa che per ora non si sono ancora espresse chiaramente in merito: “Hanno il dovere di intervenire a favore della pace” afferma Gianni Nughes, segretario Cgil Napoli, che ha collaborato all’organizzazione della manifestazione. “L’Europa non si può fare senza Ucraina e senza Russia, ma soprattutto non si può fare senza pace. La Cgil è qui per esprimere solidarietà nei confronti dei lavoratori russi e ucraini a Napoli e in Italia, che si trovano ora ad affrontare, insieme alla nostalgia per la loro terra, la preoccupazione per ciò  che sta accadendo in patria. Questo non è possibile”. Il messaggio di pace è chiaro, e si rivolge anche e soprattutto alle istituzioni nazionali e internazionali. Una reazione, quella dei paesi europei, che tarda ancora ad arrivare. “Bisogna fermare la guerra” prosegue Nughes, “al di là delle motivazioni delle parti in campo. L’Europa deve essere dialogo, prosperità”. Un’Europa di pace.