“Bentegodi: Le offese qualificano chi le formula e non chi le riceve, soprattutto quando attorno c’è il silenzio assordante della miseria umana”
L’odore del sangue attira avvoltoi e iene. Che a loro volta si contendono i brandelli cruenti. E’ davvero stucchevole lo strascico di polemiche che ha seguito Verona-Napoli soprattutto dopo la tragedia di Parigi e la barbarie degli attentati.
Per un settimana il mondo è stato sconvolto da immagini orribili, che continuano a produrre psicosi di massa e indignazione da tutto il mondo. Per “fortuna” (orrendo ossimoro quanto mai reale) in quel week end di terrore, che evoca il Sunday Bloody Sunday degli U2, il campionato di Serie A era fermo per la sosta delle Nazionali. Ci siamo scansati gli appelli a non giocare, a metterci il lutto al braccio e tutte le attenzioni di facciata dell’ipocrisia istituzionale, il buonismo dilagante che avrebbe coinvolto anche gli stadi italiani tra bandiere della Pace e minuti di raccoglimento.
Ma è bastata una sola settimana a sollevare il velo pietoso. A Verona ci aspettavano come i terroni di “lavateli col fuoco” e non si sono certo fatti distrarre da quei poveri cristi che sono stati trucidati sotto al fuoco dei terroristi. Ma neppure noi, napoletani fieri di esserlo, siamo riusciti ad esimerci dall’ormai iconoclastica ironia, divenuta nella fattispecie stanco sarcasmo, di Giulietta come madre di tutte le ignominie, a fronte di mamme che stanno ancora piangendo figli uccisi in nome di un Dio che non esiste.
E di meglio non hanno certo fatto le fonti di comunicazione già pronte a fregarsi le mani in attesa di stigmatizzare indignazione di plastica per gli ormai ossidati stereotipati “cori beceri” al fine di trarre a loro volta linfa demagogica con la quale aspergere i salotti buoni.
Non si salva nessuno amici miei in questa guerra dei poveri che sembra una lunga bega condominiale che si tramanda ereditariamente a figli, nipoti e posteri. Inutile rivendicare la primogenitura dell’abiezione con il classico: hanno cominciato loro. Se uno comincia, l’altro non è stato bravo a finire. E la vergogna si perpetua all’infinito.
Un po’ di sano realismo e di minimo pudore dinanzi al dramma vero avrebbe dovuto spingere i veronesi a sottrarsi a questa ridicola abiezione razziale. Ma di converso avrebbe dovuto portare a miti consigli anche i napoletani che non vedono l’ora di rinzelarsi e che quasi aspettano l’offesa per ritorcersi in maniera legittima, come se gli fosse dovuta la contro offensiva verbale.
Ma siamo sinceri e poniamoci questa domanda: chi di noi si sente veramente un barbaro che non si lava e che viene disegnato come un rifiuto della società? Nessuno. Smettiamola di fingerci vittime e sottraiamoci a queste ingiurie puerili senza alcuna valenza nè plausibile, né storica.
Noi siamo figli di una cultura immensa, che ha dato lustro e genesi ai più grandi maestri di arte e letteratura. Quando ci riempiamo la bocca de “l’orgoglio di essere napoletani” comprendiamone il senso fino in fondo e sorvoliamo su questioni di lana caprina che ci confondono con un mare di melma omologata.
Essere superiori significa anche saper accettare l’insulsaggine altrui. Le offese qualificano chi le formula e non chi le riceve. Soprattutto quando attorno c’è il silenzio assordante della miseria umana. E invece anche nella settimana del grande dolore siamo riusciti a perdere tutti una grande occasione…
Bruno Marra
Giornalista e Responsabile del sito SSCNAPOLI
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